lunedì 16 febbraio 2009

Uno

Non so perché abbia intitolato questa poesia "uno". Forse perché non sono riuscito a trovarle un titolo decente, forse in omaggio a One dei Metallica. Fatto sta che questa, per me, è una delle poesie meglio riuscitemi, a mio avviso. Godetevela.


Uno

 

Come vorrei che la morte mi cogliesse

Ora, in questo istante,

Mentre scrivo questa poesia

 

La vita è sempre stata difficile per me

Sono sempre stato da solo, senza amici.

 

Tuttavia il coraggio non mi manca

E neanche la voglia di vivere

Ma davanti al sadico disegno chiamato mondo

La mia sopportazione viene distrutta

 

E vado a dormire,

Sperando di non risvegliarmi

Mai più

mercoledì 11 febbraio 2009

Ad Eluana

Dopo tutto ciò che è successo in questi giorni, dopo tutte le emozioni che mi ha scatenato, ho sentito il bisogno di scrivere una poesia sul caso Englaro. Nonostante non volessi scriverlo così, io penso che questo componiment siao macabro e irrispettoso nei confronti della ragazza, tant'è che non pensavo di postarla inizialmente. Ora, pur avendo molti dubbi, ho deciso di postarla e di sapere cosa ne pensano i miei pochi lettori. E' l'ultima volta comunque che torno su questo argomento.

A Eluana

 

Tanto bella, tanto piena di vita

I tuoi occhi brillavano di energia

E correvi per un mondo

Non perfetto, ma che bellissimo

A te appariva.

 

Purtroppo non durò a lungo

Perché tu peristi

Ancora nel fiore degli anni.

Uno sciagurato incidente

Ti portò via.

 

Ma neanche allora potesti avere

Il riposo eterno

Il tuo corpo era menomato

Ma ancora in vita.

Anche se tu avresti voluto

Che anch’esso morisse

Gente cui nulla importava di te

Continuava a tenerlo in vita

Solo per scopi personali

Come tu fossi la loro bambola.

 

Diciassette lunghi anni

Diciassette anni rimanesti, morta,

Sdraiata su uno squallido letto

Mentre chi ti voleva bene

Cercava di porre fine a tutto questo,

Di ridarti la dignità.

Ma senza riuscire a prevalere

Contro coloro che ti usavano

Per i propri loschi fini

 

Poi, una sera di Febbraio

Finalmente anche il tuo corpo si spense.

Alla fine riavevi la tua dignità.

La tua volontà era stata compiuta.

 

Riposa in pace, bella ragazza

Pur non facendo nulla hai fatto tantissimo

Per tutti noi.

 

Ed ora potrai finalmente essere

Di nuovo libera di correre e vivere

Di nuovo bella, di nuovo piena di vita

Nei ricordi di chi ti amava.

lunedì 9 febbraio 2009

Riposa in pace

Oggi, alle ore 20:10 è morta Eluana Englaro. Scrivo 3 o 4 righe di riflessione. Innanzitutto nonostante tutto il mio pensiero questa notizia mi riempie di tristezza. Andava fatto ciò che è stato fatto, sicuramente, non ho dubbi, però la morte è sempre triste. Inoltre, ancora una volta la mia stima va a Beppino Englaro. Affrontare un dolore così grande per assecondare le volontà della figlia. Un uomo estremamente dignitoso e coraggioso, anche nella tragedia.

Già ci sono state dichiarazione da parte dei politici che mi hanno disgustato. Tuttavia non le commento ne le attacco, preferisco rispettare il dolore della famiglia e la morte di una povera persona maltrattata per 17 anni.

Riposa in pace, Eluana.

domenica 8 febbraio 2009

Il male

Dedico questo racconto ad Enrico "delphi". La storia è basata su un mio incubo arricchito molto con la fantasia, uno dei più brutti che abbia mai fatto, qualche anno fa: mi ricordo di essermi trovato in questo luogo desolato (non era un cimitero, non c'era nulla) e poi sono entrato lì (anche se non c'era un "portale"), ho visto quegli schermi e ho pensato "qui c'è il male"; quindi mi sono risvegliato. Comunque, nel racconto non c'è una morale che voglio mandare (e ovviamente nessun contenuto satanico), quella che è scritta alla fine è una "falsa morale", nel senso che è solo un modo per concludere il racconto. Spero comunque che vi piaccia.

Il male

Si alzò alle 6:30 come sempre svegliato da sua madre. Enrico sapeva che doveva andare a scuola, anche se quel giorno proprio non si sentiva in forma. La sera precedente aveva mangiato troppo rispetto al solito, aveva fatto indigestione, di conseguenza per gran parte della notte i dolori di stomaco non gli avevano fatto chiudere occhio, ed ora si sentiva stanco e spossato. Del resto era l’ultimo anno delle superiori, non poteva mancare neanche ad una singola lezione, altrimenti sarebbe rimasto indietro. E se non avesse recuperato? Doveva assolutamente arrivare alla maturità preparato, non poteva fallire quell’importantissimo appuntamento; quindi, anche se un po’ a malincuore, si era quindi convinto di andare a scuola comunque. Si vestì e uscì di casa alla solita ora, poi fece gli abituali 25 minuti di corriera ed arrivò a scuola a Savona senza alcun problema.

L’ora d’inglese, quella con la lettrice madrelingua, passò noiosa ma senza grane, e anche la successiva ora d’arte non gli presentò intoppi. Quel giorno era calmo, fin troppo, e in Enrico, man mano che prendeva appunti, la noia saliva sempre. Nessuna interrogazione, nessun compito in classe, solo un’ininterrotta e monotona spiegazione di argomenti magari anche interessanti, ma che nello stato psicologico in cui era non gli importavano affatto. Quando allo scattare della terza ora il bidello si presentò in classe per annunciare che la professoressa di filosofia, che avrebbe dovuto tenere lezione, aveva avuto un intoppo e sarebbe arrivata con un quarto d’ora di ritardo, Enrico seppe che doveva fare qualcosa per non dormire. Il giovane quel giorno si era messo un po’ in disparte rispetto alla classe invece di parlare con i suoi compagni, poiché era davvero prostrato e non aveva nessuna voglia di compagnia, diversamente dal solito. Nonostante ciò, non aveva però intenzione di assopirsi nell’attesa e riposarsi, era determinato a seguire le lezioni fino alla fine, era molto importante per lui. Decise di andare in bagno, là si sarebbe rinfrescato, e l’acqua del rubinetto lo avrebbe certamente risvegliato dallo stato di torpore in cui stava piombando. Senza farsi notare uscì dalla classe e si diresse al gabinetto. Si lavò velocemente la faccia; avrebbe preferito mettere la testa direttamente sotto il getto, considerando il suo intontimento, ma non le fece poiché se i suoi capelli lunghi si fossero bagnati gli avrebbero causato molto fastidio.

Si stava asciugando il viso con un fazzoletto di carta quando avvenne lo strano evento. Iniziò tutto come un leggero rombo in lontananza. Poi il rumore si fece sempre più forte, e nello stesso tempo la stanza cominciava a tremare, poi oscillava, quindi per un momento Enrico ebbe la sensazione che la gravità si fosse invertita. Però non cadde, rimase in piedi, e veloce com’era iniziato lo strano fenomeno si esaurì; nel giro di qualche secondo un silenzio tombale regnava nella stanza. Il giovane si chiese cosa mai era successo, se si era sognato tutto. Si, doveva essere senza dubbio così, l’acqua rimasta nel lavandino dallo scarico lento era piatta e senza onde, nulla sembrava cambiato. Senza pensare molto a ciò che era appena successo, aprì la porta del bagno. Ma l’abituale corridoio non c’era più. Si trovava all’aperto, ora, un luogo largo e pianeggiante, ed era notte. Alle sue spalle, non più il bagno, c’era una piccola cappella di famiglia, probabilmente della sua famiglia, anche se non poteva esserne certo (aveva un cognome molto comune). Il ragazzo si guardò attorno: era sicuramente in un cimitero, riusciva a vedere alcune tombe disseminate lì attorno, non ordinate come sono di solito nei cimiteri moderni, ma in ordine sparso come si vede nei vecchi film horror. Il cielo era completamente buio, senza alcuna stella, ma le luci dello sconosciuto paese che riusciva a vedere in lontananza illuminavano le fitte nubi sovrastanti di sinistri bagliori rossi. Il villaggio, per quel poco che ne scorgeva, era fatto di piccole casupole di legno dall’aspetto antico: e a questo contribuivano i vecchi lampioni a gas, che rischiaravano le strette viuzze che serpeggiavano tra un’abitazione e l’altra. Ma nelle finestre non c’era traccia di luce. Enrico pensò che probabilmente era molto tardi, e che gli abitanti stessero tutti dormendo. Ad ogni modo, anche se così non fosse stato, non si sarebbe mai diretto in quella direzione. Quel villaggio non lo ispirava per nulla, non sapeva per quale ragione, ma ne era come respinto.

Non avendo ben chiaro cosa fare, richiuse la cripta alle sue spalle ed iniziò a girovagare per il cimitero. Non si rendeva bene conto di come facesse, ma riusciva a vedere tutto nitidamente, anche se era consapevole dell’oscurità pressoché totale che dominava in quel posto. Si vedeva che nessuno lo visitava più da tempo, i pochi fiori che ancora rimanevano nei vasi accanto alle lapidi erano ridotti a steli marci e afflosciati; e sulle stesse pietre tombali, i licheni e i muschi coprivano molte delle scritte che vi erano incise. La terra sopra i sepolcri era ricoperta d’erbacce secche, come del resto i vialetti di passaggio fra di esse; e un po’ ovunque c’era sporcizia e spazzatura sparpagliata e abbandonata anche accanto e sopra le croci e le pietre tombali, come se fosse quel camposanto fosse una specie di piccola discarica. Il tutto conferiva un aspetto spettrale e desolato a quel luogo: e a questo effetto di certo aiutavano anche quei pochi alberi rinsecchiti e contorti che sporadicamente sorgevano tra una tomba e l’altra. Enrico vagabondò in quella necropoli per molto, non avendo l’orologio non sapeva neanche per quanto tempo fosse stato lì o quanto fosse passato dal suo arrivo. Seppe solo che, ad un tratto, si trovò di fronte un portale. Era un grande arco fatta di travertino bianchissimo, del colore del latte, finemente scolpito a raffigurare immagini di demoni spaventosi a vedersi e di ributtanti mostri usciti dalla blasfema fantasia di qualche scultore dalla mente depravata. La porta non aveva battenti, ne muri attigui, era semplicemente un’arcata eretta in mezzo alle tombe, e non sembrava avere un senso o una funzione. Tuttavia, il ragazzo avvertiva una sensazione oscura e misteriosa anche al solo posarvi lo sguardo. Il timore cresceva in lui di secondo in secondo, tuttavia la sua curiosità e la sua sete di conoscenza erano ancora  maggiori. Vinse le poche incertezze e le paure che lo attanagliavano, e chiudendo gli occhi varcò la soglia.

Si aspettava che avvenisse una delle due cose che si immaginava: dopo aver superato l’arco o non sarebbe successo assolutamente nulla, o lui sarebbe stato trasportato in un altro luogo, magari in qualche altra balzana dimensione. Nessuna delle due circostanze avvenne: si trovava ancora in quel cimitero, era ancora buio e in lontananza scorgeva ancora il villaggio. Tuttavia quel luogo era diverso: lì le lapidi formavano un circolo la cui entrata era proprio il portale che aveva varcato, anche se dall’esterno non sembrava affatto. Inoltre era come se le lapidi si fossero trasformate nel breve lasso di tempo che aveva , ora erano a forma di ripiani di pietra di varia altezza. Su questi piani poggiavano vari schermi di grandi dimensioni, come grossi televisori, tutti che proiettavano la stessa immagine, un unico grande occhio umano che si muoveva, e in ogni schermo aveva un movimento differente, come se tutti ci fosse una qualche forma di intelligenza dietro ognuno di quei globi oculari. Seppure bislacca come situazione, non c’era assolutamente nulla da temere, almeno razionalmente, nessun pericolo in vista. Eppure l’orrore si impadronì di Enrico all’improvviso senza alcun motivo, sopra ogni cosa, sopra ogni pensiero. In quel posto c’era il male, il male supremo, non sapeva come faceva a saperlo ma era così, non aveva dubbi. Non c’era altro lì, solo malvagità allo stato più puro, lo percepiva come se avesse avuto un sesto senso; il suo cervello era come se urlasse dalla paura, urlasse di allontanarsi immediatamente da lì. Il terrore lo prese, e corse via riattraversando la porta, preso dal panico.

Dopo pochi metri però si dovette fermare. Aveva un dolore forte al ventre, come quando faceva uno sforzo fisico notevole, eppure non si era neanche sforzato molto. Nonostante si fosse fermato, poi, il dolore cresceva, ed era come se lo stomaco gli stesse pulsando. Allarmatissimo, tirò su la maglia, e vide che qualcosa premeva contro la pelle, come se avesse voluto uscire, ed intanto il dolore si faceva acutissimo, come se qualcosa gli stesse scavando all’interno della pancia. Poi la pelle si ruppe davvero, e iniziarono a fuoriuscire migliaglia e migliaglia di mosche, con gli occhi rossi che brillavano in mezzo a tutte quelle tenebre, uno sciame malefico che cominciò a girargli attorno. Nonostante il tormento terribile, Enrico in un barlume di lucidità capì cosa gli stava accadendo: Baal Zebub, il signore delle mosche, ecco cosa aveva incontrato nel circolo di tombe! L’essere noto con molti nomi, colui che incarnava il male supremo, un concentrato di malignità senza pari. Lui ne era stato sopraffatto, e ora egli banchettava con il suo corpo e la sua anima, gustando con sommo piacere la sua grande sofferenza.  Mentre le larve delle mosche continuavano a divorarlo dall’interno, entrando in ogni parte del corpo, e gli insetti adulti tentavano di fare lo stesso sopra la sua epidermide, il giovane provava ad ogni secondo che passava nuove e più potenti forme di dolore, il raccapriccio e l’orrore per quello che gli stava capitando non avevano limiti. Gridò a lungo, poi perse i sensi.

Urlava ancora quando riaprì gli occhi. Era seduto al suo solito posto, nella sua classe, e davanti a lui il solito panorama dell’aula, come se lo ricordava. I suoi compagni erano lì, girati verso di lui, che lo fissavano, tra lo stupefatto e il divertito, e così la professoressa, con un’aria di rimprovero. Enrico chiese scusa rosso in volto. Capì che si era addormentato e si era sognato tutto, dalla sostituzione della professoressa alla morte violenta, passando per il viaggio in bagno e l’incontro con il maligno, tutto inventato. Evidentemente, la stanchezza gli aveva giocato un brutto tiro. Si ricordò questo come uno dei peggiori incubi mai fatti, e si ripromise di non andare più a scuola se non aveva dormito la sera prima, la salute, fisica ma anche mentale, era più importante che conseguire il diploma.

sabato 7 febbraio 2009

Libertà di scelta, libertà di vita...

Di solito non parlo di politica o di attualità, o almeno non lo faccio in questo blog. Tuttavia, mi sento quasi obbligato a parlarne, in questa occasione particolare. In questi giorni, ovunque sui media tiene banco il caso di Eluana Englaro, la ragazza da 17 anni in stato vegetativo permanente in seguito ad un incidente. E' stato accertato (dalla corte d'appello di Milano, mica pettegolezzi come qualcuno insinua) che la ragazza prima dell'incidente abbia espresso la volontà di cessare le cure in caso di uno stato di incoscienza irreversibile. Forse non l'ho mai detto prima d'ora, ma io sono ateo, e credo fermamente che la volontà di Eluana debba essere posta sopra ogni cosa. Per questo mi sento di scrivere questa nota "politica": quello che sta succedendo in Italia è proprio scandaloso.

Intanto parto con un'analisi dei pro e dei contro allo "staccare la spina" (che poi di spina non si tratta) sulla base di mie considerazioni personali. Quali vantaggi si avrebbero se Eluana morisse? Innanzitutto sarebbe un traguardo importante, sarebbe riconosciuta la libertà di scelta e di autodeterminazione di ognuno, che in uno stato laico e moderno dovrebbe essere uno dei diritti fondamentali. In secondo luogo, quella di Eluana, a mio modesto parere, non è affatto vita. La ragazza è morta 17 anni fa, senza dubbio. Molto probabilmente non è cosciente, e non ha neanche alcuna percezione, a livello di sensazioni quasi certamente prova quello che prova un albero. Se si prova orrore nel lasciarla morire, la stessa cosa dovrebbe essere anche nell'abbattere un albero, cosa che non mi risulta. Inoltre, per una persona, essere ridotta a questo livello appunto non è vita, è solo sopravvivenza. Senza poter correre, muoversi, parlare, poter provare emozioni, sognare, creare, pensare, senza poter fare altro che stare sdraiato su un letto, secondo me chiunque con un minimo di razionalità farebbe la stessa scelta che ha fatto Eluana prima dell'incidente. E se invece fosse cosciente? Secondo me soffrirebbe moltissimo, di non poter fare tutto ciò di cui sopra. Sempre secondo me (è un discorso abbastanza personale, il mio) , preferirebbe la morte ad una "non vita" mentre vede le persone accanto a lei soffrire. Se non altro almeno la sofferenza di Beppino, suo padre, cesserebbe con la morte della figlia, che egli non sopporta più di vedere in quelle condizioni ma soprattutto strumentalizzata come è e usata dagli integralisti e dai politici.

Quali sono i motivi, invece, per tenerla in vita? Io sinceramente non ne vedo. Perché la vita è sacra? Sicuramente, la vita è sacra, ma quella di Eluana non è più vita ormai, non lo è più da 17 anni. Non si commette un omicidio "staccando la spina", si compie solamente un atto di pietà, e di rispetto verso la dignità di una persona. Perché dunque le gerarchie ecclesiastiche sostenute da alcuni talebani cattolici (non mi è possibile chiamarli altrimenti) combattono su questo? Mi spiace, non ci arrivo. Forse è perché "solo Dio può togliere la vita, non l'uomo"? A parte che, come ho spiegato prima, quella non è più vita; ma questo discorso denota ipocrisia e volontà di imporre la propria visione del mondo a chi non è cattolico. Se il loro dio (ammesso che esista) agisce, come dicono, attraverso la natura, per la sua volontà Eluana sarebbe morta 17 anni fa, se è ancora biologicamente viva è solo "colpa" dell'intervento dell'uomo. Inoltre, nessuno le ha imposto di lasciarsi morire, se avesse voluto rimanere in vita, sarebbe stata liberissima di farlo; l'imposizione quindi della scelta contraria a quella della diretta interessata per me non è altro che autoritarismo e antidemocrazia. So che comunque a loro non importa nulla della ragazza, mi ricordo in proposito che lo stesso Giovanni Paolo II chiese e ottenne di essere lasciato morire, quindi non è una questione di principio. E' solo un modo, a mio avviso, di ribadire un presunto diritto da parte del cattolicesimo ad essere custode dell'unica verità e dell'unica morale. Un'altra possibile obiezione è che il metodo scelto per la morte è disumano, farla morire di fame. Su questo sono assolutamente d'accordo, anche se non sente nulla, ma è l'unico metodo possibile per porre fine , sempre perché questi fanatici cattolici hanno reso difficile la promulgazione di una legge che renda il procedimento più civile.

Detto questo, penso che come si stia comportando la politica su questi temi faccia vomitare. Mi riferisco in particolare al decreto legge che ora è stato convertito in un disegno di legge, e che prevede, in poche parole, che venga sospesa il processo per fare morire Eluana. Non è un atto di civiltà da parte del governo, è  andare contro la volontà di una persona, contro una sentenza di una corte di magistrati, contro il presidente della repubblica e contro la stessa costituzione, solo per avvallare le richieste dell'esecutivo di un paese esteso pressappoco come il campo di proprietà della mia famiglia e dei suoi pochi fiancheggiatori fanatici (non è vero infatti che tutti i cattolici stanno con la chiesa, anzi la maggior parte è per la fine di Eluana, lo dimostrano i vari sondaggi). Soprattutto il presidente del consiglio Berlusconi mi lascia completamente disgustato. Ecco alcune sue dichiarazioni: "Eluana può ancora avere figli". Teniamola in vita e usiamola come incubatrice umana! Ma che orrore! La donna non è una persona, è solo una macchina per sfornare bambini: da questo si vede la profondità morale e intellettuale del personaggio. Per non parlare poi di quale vomitevole metodo si userà per inseminarla, come si farà a scegliere il partner e se si potrà anche vivere una bella condizione familiare. Ancora più agghiacciante la sua reazione al rifiuto di Napolitano: "cambieremo la costituzione". Se dovesse veramente fare ciò che dice, sarebbe il primo passo verso una dittatura di matrice franchista, e sotto l'influenza del vaticano. Disgustosa anche la reazione di quest'ultimo: prima elogia il premier per il suo coraggio (di aver fatto cosa non si sa, forse coraggio di aver soppresso la democrazia per servilismo, ma io non ci vedo nulla di coraggioso), poi si dice delusa da Napolitano. Ma come si permettono? Che, veramente comandano loro, in Italia? Hanno rivelato ancora una volta, se ce ne fosse stato il bisogno, quanto sono intolleranti ed avidi di potere.

Infine tutta la mia solidarietà va a Beppino Englaro, un padre a cui, come dice egli stesso, stanno stuprando da anni una figlia per dei giochi di potere, o per ragioni stupide. Spero che questa situazione si concluda, Eluana muoia e la si finisca di strumentalizzare una tragedia del genere. Lasciatela morire in pace.

martedì 3 febbraio 2009

Un piccolo appunto

Qualche riga per dire una cosa che non so se si capisca: le poesie che scrivo non riflettono il mio vero stato psicologico. Certo, lo riflettono quando le scrivo, e le scrivo solo nei momenti di tristezza, però non è che sono depresso, sia ben chiaro, ho come tutti momenti di tristezza e momenti di felicità. E anche momenti di estrema esaltazione.

Le lacrime che nessuno piangerà mai

Ecco una poesia di vecchia data. Questa penso sia in assoluto la poesia più pessimista che abbia mai scritto, ed in effetti era un periodaccio per me. Spero comunque che vi piaccia, io tra tutti i miei componimenti la reputo come una delle "meno peggio".


Le lacrime che nessuno piangerà mai

 

Sempre più spesso, di questi tempi

Mi scopro a pensare a ciò che è inevitabile

Prima o poi.

 

Questi pensieri non sono mai gioiosi,

Non penso mai alla morte come ad un riposo eterno,

Ma la mia immaginazione va sempre al giorno

Del mio funerale.

 

Un ricordo atavico nella mia mente

Di qualcuno che, da qualche parte,

In qualche modo, diceva ai suoi cari

Di non piangere per lui.

 

Ma io so che questa frase dalla mia bocca non uscirà

Mai.

Nessuno piangerà per me.