martedì 31 dicembre 2013

2013

Un altro anno è finito, ed è ora tempo dell'ormai abituale bilancio. Comincio col dire che il mio 2013 è stato tendenzialmente positivo, anche di parecchio: nonostante la prima parte sia stata molto triste per me, ed io abbia vissuto dei brutti abbandoni ed addii, anche da persone molto importanti per me (su tutte, ne ricordo soprattutto due: la mia nonna paterna e la mia amata Luna, che consideravo una persona di famiglia a tutti gli effetti, anche se era solo un cane), ci sono anche stati dei lati positivi anche in essa, come ad esempio la pubblicazione del mio primo articolo su un giornale serio, quale L'Ateo è. La seconda parte, poi, è stata stupenda: ho finalmente trovato una compagna, Monica, con cui veramente posso costruire qualcosa, e che ha dimostrato di essere sincera e di amarmi veramente, e già questa è una delle cose più belle che siano avvenute nella mia vita (se non la più bella in assoluto). Oltre a questo, sono riuscito a maturare, dal punto di vista del carattere, come mai prima d'ora (ed anche se lo scorso anno dicevo lo stesso, stavolta ciò è avvenuto in misura ancora maggiore), e per questo riesco a stare mediamente meglio che negli anni passati: una prova di questo è proprio in questo mio ottimismo, che chi mi conosce sa essere piuttosto inedito. Seconda parte dell'anno molto buona, insomma, che nonostante alcuni problemi ancora persistenti mi fa guardare favorevolmente al futuro.

Dal punto di vista della produzione, ho battuto parecchio la fiacca, durante quest'anno, ma non me ne pento: ho avuto tanto altro per la testa, come potete ben capire, e perciò non ho potuto scrivere molto, pubblicando così solo tre racconti. Dall'altra parte, c'è da dire che il mio stile è molto cambiato, direi anche maturato, rispetto al passato: riesco a scrivere racconti finalmente efficaci (o almeno così è come lo percepisco io, magari sbaglio), e come sempre dovrebbero essere, rispetto invece agli scorsi anni dove il mio stile aveva ancora delle criticità (probabilmente anche ora è perfezionabile, ma non quanto in passato), come provano gli ultimi due racconti, per esempio. In questo periodo, comunque, nel quale sono più sereno e tranquillo, posso scrivere di più (sperando sempre che non si concludano, le condizioni favorevoli): appena finite le feste, difatti, posterò un nuovo racconto, e con un altro parteciperò ad un concorso letterario (per il quale iniziamo da subito ad incrociare le dita). L'ultimissimo periodo è infatti stato prolifico, ed io spero di continuare così anche per il prossimo anno.

Il 2013 è stato insomma un anno tutto sommato positivo, forse non il migliore di sempre, che mi auguravo di avere nello scorso bilancio, ma comunque molto buono. Non posso che chiudere, per questo, augurandomi che il prossimo anno sia ancora migliore: i presupposti ci sono tutti, e spero che davvero così sarà, e che possa avere un 2014 fantastico, in cui riesca a risolvere i problemi che ancora ho, ed in generare a vivere bene. Nell'attesa di scoprirlo, non posso che augurare anche a voi, miei pochi lettori, che così sarà per voi. Buon 2014!

lunedì 23 dicembre 2013

Tanti auguri a voi!

Come ogni anno, anche stavolta ecco qui un brevissimo post che non serve ad altro che ad augurare a voi, miei pochissimi (ma validissimi) lettori delle buone vacanze di Natale. Lo avrei fatto anche domani, ma visto che io per la mia vacanza parto proprio tra poco, allora ne approfitto ora. Auguri!

venerdì 6 dicembre 2013

Breve riflessione sul giornalismo

Ieri sera, come saprete sicuramente, è morto Nelson Mandela. Per riportare la cosa, oggi parecchi giornali, tra cui il Messaggero, il Giornale ed il Mattino, hanno annunciato sui loro siti internet la cosa con una gaffe mostruosa: Mandela, sarebbe addirittura il padre dell'"apartheid". La cosa peggiore però non è questa svista, che è appunto clamorosa ma in via estrema può anche starci: è che questi giornali hanno pubblicato tutti lo stesso identico articolo, facendo "copia-incolla" tra di loro. Qualcuno mi può spiegare, quindi, perché il mio Heavy Metal Heaven, che le notizie le riscrive sempre e comunque in maniera personale, e non copia mai da nessuno (non sia mai!) non è giornalismo bensì blogging, e solo perché io non sono giornalista, mentre questa spazzatura lo è?

mercoledì 4 dicembre 2013

Non è un paese per lo sport

La mia Monica, dovete sapere, è abilitata dalla Federazione Italiana Pallacanestro come ufficiale di campo (una specie di arbitro/quarto uomo, per chi non conoscesse il basket), e quando deve partecipare ad una partita (di norma succede una volta a settimana), io son ben felice di seguirla, ed anche di godermi una partita come "effetto collaterale".

In queste prime esperienze, sono rimasto piuttosto deluso, devo dire: essendo in Italia il basket uno sport molto meno seguito del calcio, mi aspettavo che le deviazioni nei tifosi di quest'ultimo, nel primo potessero essere assenti, o almeno presenti in forma molto minore; che potesse, insomma, esserci molto più spirito sportivo che nello sport più popolare del bel paese. La mia delusione è forse anche per gran parte colpa mia, delle mie aspettative, così alte senza un motivo razionale; fatto sta che comunque mi aspettavo qualcosa di diverso, ed invece trovo nei tifosi molti dei comportamenti anti-sportivi che ammorbano anche il calcio. Sto parlando, in primis dell'accanimento contro gli arbitri, che solitamente vengono bersagliati di continuo, accusati da entrambe le tifoserie di favorire l'altra squadra, il che nei fatti non è quasi mai vero: se infatti ho visto partite anche con molti errori arbitrali, ricordo anche bene come essi siano stati di norma "neutri", ossia abbiano penalizzato entrambe le squadre. La cosa peggiore, però, è la totale mancanza di obiettività dei tifosi, che li porta a non riconoscere mai la bravura altrui, anche se piuttosto manifesta, ed a dare sempre la colpa agli altri (i suddetti arbitri, soprattutto) di demeriti che in fondo sono quasi sempre dello scarso gioco della propria squadra. Insomma, non esiste alcuna forma di sportività.

Il risultato di ciò è che mentre la partita va avanti, sugli spalti abbiamo qualcosa che rasenta da vicino i cinque minuti d'odio di Orwelliana memoria, in una visione della realtà assolutamente manichea e distorta, e ciò è abbastanza fastidioso. Il peggio, però, è che tutto questo avviene spesso di fronte a giovani (molte delle partite sono di squadre di ragazzi) o addirittura bambini molto piccoli. E' proprio questo l'esempio che vogliamo dare ai giovani del domani? Così cresceranno con uno spirito di scorrettezza, e non solo nello sport: matureranno la concezione che i propri fallimenti sono sempre colpa di qualcun'altro (arbitro o governo che sia), e non avranno alcuno spirito critico. Saranno insomma lo stereotipo peggiore dell'italiano medio.

La mia conclusione è quindi che il basket è uno sport marcio? No, il basket in se non è uno sport che incita ad alcunché, come del resto lo è il calcio in se. Semplicemente, il nostro non è un paese per lo sport, perché la nostra cultura di base è proprio il contrario della sportività. Nel nostro paese dovremmo ritrovare il vero senso dello sport, che è divertimento, spirito di squadra, e tante altre cose; ma finché non usciremo da tutti i difetti che ormai da tanto tempo non faccio che citare, temo sia impossibile.

lunedì 25 novembre 2013

Brevissimo post sulla giornata contro la violenza sulle donne

Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
- Lettera di San Paolo agli Efesini, 5, 22-24
Ci sono indubbiamente tante cose che si possono fare contro la violenza contro le donne, ma io credo che la più importante non possa che essere il liberarsi della religione che elegge a suo padre fondatore l'autore di questo brano, ed a verità assoluta un libro in cui ci sono anche tali brutture; e le prime a farlo dovrebbero essere proprio loro, le rappresentanti del cosiddetto "sesso debole". E' un passo fondamentale, senza il quale la violenza sulle donne è impossibile da sconfiggere: lasciamo quindi da parte le credenze irrazionali come la religione, e facciamo si che la ricorrenza odierna non abbia più senso (ossia, che non vi sia più alcuna aggressione verso alcun essere umano di sesso femminile). Questo è  il mio pensiero per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

lunedì 18 novembre 2013

Occhi

Oggi un post veloce post veloce: ecco qui una breve poesia che ho scritto in questi giorni per Monica, nulla di che ma erano cose che mi sentivo dentro. Tutto qui, vi lascio alla poesia!

Occhi

Se tu potessi vederti coi miei occhi
Solo per un giorno, in vita tua
Vedresti allora quanta bellezza
Racchiudi nella tua persona

In quel volto piccolo e grazioso
In quel fisico, che tu non ami;
E, soprattutto, nei tuoi occhi,
Pozzi scuri ed intelligenti
In cui per ore io mi perderei

Per me pure però sarebbe bello
Perché nello scambio, a me,
Arriverebbero gli occhi tuoi
E potrei guardar me stesso

E capire, finalmente, perché
Io, che bello affatto sono
In nessunissimo lato di me
Son amato tanto intensamente
Da una donna così meravigliosa

mercoledì 13 novembre 2013

Riflessioni sparse su "L'Origine della Specie" di Darwin

Ho finito da pochi giorni di leggere "L'Origine della Specie" di Charles Darwin, e più che recensirlo, come per gli altri libri in passato, mi piacerebbe più condividere qualche mio pensiero su di esso. Comincio col dire che, dopo questa lettura, ho cominciato a capire perché vi siano molte critiche su questo libro; non che condivida le posizioni di chi di solito critica (creazionisti e religiosi, principalmente), tutto il contrario, ma in un certo qual modo trovo che il libro sia passibile di un paio di "difetti", seppur di fatto essi non squalifichino assolutamente la teoria dell'evoluzione.

Un primo punto critico del trattato è nel suo evidentissimo "essere datato". Il libro di Darwin precede addirittura la pubblicazione dei primi lavori di Gregor Mendel, perciò l'autore non solo non ha ovviamente idea di nulla che riguardi la genetica, ma ignora anche le leggi esatte dell'ereditarietà: ciò si riflette così nel libro, che presenta perciò teorie ormai da tempo superate. Anche in campo geologico, quando spiega il perché, per esempio, esistano determinate barriere che dividono due aree geografiche, Darwin da per buone teorie ormai desuete; ciò vale, più in generale, per tutte le branche della scienza che appaiono direttamente o indirettamente, col libro che è fortemente caratterizzato dalla sua provenienza di metà ottocento.

L'altro difetto principale che individuo è che Darwin sembra a tratti persino dubitare della teoria che sta esponendo. Io non credo che nei fatti fosse davvero dubbioso (altrimenti non avrebbe pubblicato le sue idee), ma credo semplicemente che, vista la radicale novità delle sue idee, almeno per la mentalità dell'epoca, non potesse sbilanciarsi più di tanto. Se ciò è comprensibile, e di sicuro a me non da fastidio, posso comprendere come questo possa esser usato a proprio favore se si vuole criticare Darwin.

Il trattato presenta, dunque, alcuni difetti, e la tesi da esso presentata non è accurata; tutto questo, però, non implica nulla, di per sé. La teoria dell'evoluzione proposta non è, appunto, del tutto definita, ma ciò non vuol dire che sia falsa: questo libro è infatti non la "bibbia degli evoluzionisti", ma solo il punto di partenza della moderna teoria, e criticare l'evoluzionismo solo per questo libro è assolutamente improprio (benché capisca che persone che pretendono che la verità assoluta sia in un solo libro non riescano a capire come altre invece possano trovarla in un'avanzamento di idee durato un secolo e mezzo). Ad ogni modo, il lavoro di Darwin è stato comunque importantissimo, specie a livello storico; per questo, in conclusione, nonostante i punti critici da me elencati L'Origine della Specie è un libro assolutamente di valore... e sicuramente, da leggere e far leggere.

lunedì 21 ottobre 2013

"Gravity" di Alfonso Cuarón

Di solito in questo blog non recensisco film, ed in effetti non sono un grandissimo cinefilo, ma stavolta mi piacerebbe parlare di un film che ho visto qualche giorno fa al cinema, e mi è piaciuto tantissimo: nella fattispecie, Gravity di Alfonso Cuarón.

Metto subito in chiaro che forse Gravity potrebbe lasciarvi pure perplessi: la trama infatti è estremamente semplice, e senza particolari sorprese, per non parlare del fatto che sono presenti solo, in pratica, tre personaggi, di cui solo la protagonista (interpretata da Sandra Bullock) è presente lungo tutto il film. Inoltre, in essa vi sono alcuni particolari non proprio riuscitissimi, a mio avviso: lo sviluppo della storia fino al film è infatti caratterizzata da coincidenze piuttosto improbabili, che sono molto importanti ai suoi fini. In particolare, la protagonista ha sempre molta fortuna, e se ciò non è impossibile, è comunque decisamente poco probabile.

Detto questo, sembra quasi che debba stroncare il film, ma non è così: dopotutto le caratteristiche di cui sopra sono trascurabili, e non danno fastidio. C'è anche da dire, poi, che la trama è piuttosto secondaria, per questo film: Gravity infatti non ha lo scopo delle pellicole tradizionali, ossia di raccontare una storia avvincente ed emozionante, ma quello di fornire un'esperienza visiva unica, cosa che infatti riesce eccelsamente. Il 3D rende infatti particolarmente bene, ed i panorami, specie quelli che inquadrano il nostro pianeta dall'alto, sono realmente mozzafiato, un vero e proprio viaggio nella bellezza del cosmo, che chi, come me, ha il fascino per queste cose, potrà realmente amare. Ciò è possibile anche grazie a degli effetti speciali veramente eccellenti, che fanno sembrare l'assenza di gravità ed il contorno del tutto reale, e per nulla finzione.

La cosa più bella del film, però, è l'accuratezza scientifica: seppur vi sia qualche imprecisione, nonché le improbabilità citate sopra, il film è molto più accurato rispetto a qualsiasi altro film di fantascienza (e paragonabile solo a 2001: Odissea nello Spazio, da questo punto di vista): dimenticate le esplosioni ed i boati, perché l'emozione più grande, qui, è vedere per esempio gli impatti tra oggetti celesti che avvengono nel più completo silenzio, accompagnati solo dalla musica, proprio come nello spazio vero! Il tutto è puro nerd porn per gli amanti della fantascienza hard, e potrà quindi esaltarvi se come me lo siete.

Concludendo, quindi: Gravity non è un film per tutti, ma sicuramente mi ha esaltato. Ritenetevi fortunati come mi ritengo io, quindi, ad averlo visto al cinema (o rimpiangete di non averlo fatto!)

P.S. post numero 250 sul blog... wow!

sabato 12 ottobre 2013

Il traguardo delle diecimila visite

Piano piano, senza quasi che me ne accorgessi, tra ieri ed oggi Hand of Doom ha raggiunto e superato la quota di diecimila visualizzazioni. E' stato un processo lungo, anche per colpa mia, che ho spesso trascurato questo blog, ma alla fine ce l'abbiamo fatta; spero però che il traguardo successivo, quello delle ventimila visite, verrà raggiunto più presto, e di fare ciò iniziando a scrivere più spesso qui. Detto questo, in ogni caso il mio ringraziamento più sincero va ad ogni singola persona autrice anche solo di una di quelle diecimila visite: grazie di cuore!

domenica 29 settembre 2013

Una nuova Invasione

Avevo detto che a breve avrei postato qualcosa, nel precedente post, ed infatti eccomi qui, con un nuovo racconto, anche se non è proprio nuovissimo. Altro non è, difatti, che la riscrittura di uno dei primissimi miei racconti, Invasione, che era scritto col mio stile ultra-acerbo di un tempo, ma che secondo me poteva essere rimaneggiato per diventare qualcosa di interessante... e quindi, ecco qui a voi la nuova "Invasione"! Per il resto, come sempre a chi leggerà il giudizio; prima di lasciarvi leggere però, vorrei fare un piccolo ringraziamento alla mia ragazza Monica, che mi ha dato alcune idee per migliorarlo. Grazie!

Invasione

Come tutte le notti, anche in quella A si trovava nella sala di controllo del grande telescopio, davanti allo schermo di un computer. Nonostante fosse molto giovane, si era già laureato a pieni voti in astronomia, ed era riuscito persino a trovare lavoro in un osservatorio. Era quello che amava fare, del resto: le stelle avevano sempre attratto il suo animo da sognatore ed anche se il suo lavoro attuale (uno studio che prevedeva rilevazioni fotometriche delle galassie vicine) non prevedeva l’osservazione diretta del cielo, era comunque più che felice di compierlo. A dispetto di ciò, il giorno precedente A aveva dormito poco, ed ad un certo punto sentì chiaramente la sonnolenza salire, si sarebbe probabilmente addormentato, se ad un tratto non fosse accaduto qualcosa di inatteso: improvvisamente, infatti, il grafico dell’intensità di radiazione in tempo reale balzò verso l’alto, per poi rimanere costante: molto strano! Di solito, il passaggio di un satellite causava un’impennata istantanea, che si spegneva, però, subito. Stavolta invece il segnale rimaneva costante nonostante il passare dei secondi e poi dei minuti: quale poteva essere la causa? Non era possibile fosse lo scoppio di una supernova, lo spettro rilevato dagli strumenti era in tutto e per tutto uguale a quello di una stella; non poteva però nemmeno essere il passaggio di un altro sole o di un corpo celeste di qualche altro tipo sconosciuto, visto come era apparso dal nulla. Rinvigorito dalla curiosità di sapere, A lavorò per tutta la notte, cercando di avere immagini più nitide di ciò che aveva individuato, finché la mattina comprese, con immenso stupore (ma anche con una fortissima gioia), cosa esso fosse.

A si risvegliò e subito accese sul telegiornale: ora che erano passati tre giorni dalla sua scoperta, anche la gente era venuta a conoscenza di ogni cosa; e, peraltro, non c’era stato alcun bisogno di divulgare la notizia. L’oggetto misterioso si era infatti avvicinato al pianeta, ed era divenuto visibile ad occhio nudo anche di giorno; e, con lui, ne erano apparsi tanti altri uguali, che avevano circondato il pianeta da ogni direzione, cominciando a ruotarvi intorno. Non c’era bisogno di nessun esperto per dirlo: visto il loro aspetto, ed il fatto che si erano stabilizzati in orbita grazie a manovre certo non dovute solo alla gravità, quelli non potevano che essere oggetti artificiali. Erano astronavi aliene! Il telegiornale non parlava d’altro, e dopo lo spazio per la cronaca arrivò quello degli opinionisti: così, allo spaventato, che auspicava un immediato rafforzamento delle difese militari, si sostituiva l’ottimista, a dire che gli alieni non potevano esser venuti certo con scopi bellicosi, visto che l’avanzamento tecnico da essi raggiunti non poteva che essere accompagnato da un alto grado di civiltà ed era impossibile volessero uno scontro; arrivava quindi lo scienziato, che non esprimeva altro che la sua esaltazione per quello che era il primo contatto in assoluto con una forma di vita non nata sul pianeta. A, da par suo, propendeva per la tesi più fiduciosa. Gli alieni erano lì non certo per combattere: se già loro, ben più arretrati tecnologicamente, erano riusciti a mettere fine ad ogni guerra da diversi anni, non c’era alcun pericolo che i visitatori potessero essere aggressivi. Se fosse stato nel suo carattere, avrebbe preso parte ad una di quelle molte feste messe in piedi per celebrare l’arrivo degli alieni; ed anche se preferiva la riservatezza, in cuor suo si riteneva estremamente fortunato per aver avuto la possibilità di vivere un giorno così importante per l’intera storia del mondo.

Che si sbagliava, lo poté constatare solo poche ore dopo, ancora una volta davanti alla televisione. Era l’ora di cena e fuori era quasi buio, ma nei fusi orari più ad ovest il sole era ancora alto; era proprio una città ad occidente il luogo in cui si trovavano tutti i reporter. Una delle navi si era infatti improvvisamente abbassata quasi al livello del suolo, rimanendo sospesa in aria in qualche modo, iniziando subito dopo ad emettere un bislacco suono, che si ripresentava ad intervalli regolari, ed andando avanti per ore. Visto che la pausa tra un segnale e l’altro era fissa, si aspettava in silenzio quando il prossimo sarebbe arrivato; ma il momento predestinato giunse e passò, senza che nulla accadesse. Poi, senza alcun preavviso, si sentì come un boato, proveniente dall’alto; subito dopo, dalla fessura che si era in quel momento aperta nella nave, cominciò a sciamare fuori un numero immenso di piccole navette, che si diressero con decisione verso il terreno. L’entusiasmo schizzò alle stelle, ma fu di brevissima durata: gli alieni cominciarono infatti subito a sparare, ed il video si riempì di sfere di fuoco; l’ultima visione fu la faccia terrorizzata della giornalista, prima che la linea cadesse ed il video tornasse sulle facce spaventate degli anchorman in studio. Anche A era sconvolto: non poteva credere a quello che aveva visto e ne fu immensamente turbato; poi i giornalisti annunciarono che pure le altre astronavi avevano cominciato ad avvicinarsi, e fu il panico più totale.

I tre giorni successivi furono di sgomento totale, per A: ogni telegiornale parlava dell’invasione ormai in atto, di come gli alieni bombardassero sistematicamente ogni città, per poi scendere a finire i superstiti, senza risparmiare nessuno; quando invece qualcuno riusciva a sfuggire, raccontava di come essi fossero piccoli, ma terribili, nonché della loro particolarità più vistosa: una tuta protettiva, che li mascherava totalmente, non rendendo possibile capire il loro reale aspetto. Alcuni giornalisti, armandosi di coraggio, andavano sui luoghi in cui il nemico era già passato, trovando mucchi di cadaveri, ammassi di macerie e corpi che recavano ogni segno di atrocità e di sadismo; ciò successe però solo per i primi giorni, perché poi gli invasori si accorsero di loro, e vi furono ovunque massacri di reporter, trucidati in diretta, nell’orrore rassegnato dei presenti in studio, che ormai quasi si erano abituati a quel genere di raccapriccio quotidiano. I servizi peggiori erano però quelli sull’esercito: mostravano i soldati stanchi e sfiduciati, che riferivano di non poter fare assolutamente nulla per contrastare gli alieni. Le loro tecnologie erano talmente avanzate, che era difficilissimo anche solo abbattere una nave o uccidere un soldato, figurarsi vincere una battaglia. Giunse l’alba del quarto giorno ed A era devastato: non aveva praticamente più dormito, non andava più a lavorare, aspettava solo che la fine arrivasse. La prostrazione fisica in cui era piombato, quella mattina lo fece infine crollare addormentato; ma fu un sonno molto breve. Un’esplosione lo risvegliò, gettandolo ancor più nello sgomento: il nemico doveva essere oramai alle porte. Al boato ne segui un altro e poi ancora, sempre più vicino, finché un ultima esplosione squarciò la sua casa; quasi senza accorgersene, A si ritrovò all’improvviso nell’oscurità più totale, ma inaspettatamente ancora cosciente. Intuì subito che casa sua gli era crollata addosso, ma i detriti sopra di lui si muovevano: doveva essere, in qualche modo, vicino alla superficie, avendo avuta la fortuna di non essere sommerso totalmente dalle macerie. Lentamente, cercò di alzarsi: aveva probabilmente una gamba rotta, ed altre ammaccature in tutto il corpo, ma riusciva lo stesso a muoversi ancora senza troppi problemi. Con tutte le sue forze, puntò verso l’alto, scavando e scostando i detriti; dopo qualche minuto, da una fessura cominciò a filtrare la luce. Qualche altro minuto ed A era fuori. Si ritrovò davanti ad uno spettacolo desolante: la bella cittadina dove aveva vissuto era ora un cumulo deserto di macerie e solo il fumo si muoveva ancora, dando al tutto un’atmosfera ancora più spettrale. Devastato da quella visione orrida, il giovane si accasciò a terra: solo in quel momento notò che da dietro una pila di cemento erano spuntati due alieni, che lo avevano visto e si stavano avvicinando velocemente a lui. Spaventato, ma anche oramai rassegnato al proprio destino, A li guardò avvicinarsi lentamente senza far nulla, finché non gli furono vicinissimi: non si aspettava altro che gli puntassero addosso le loro armi e lo facessero subito fuori. Invece, i due si limitarono a guardarlo, emettendo qualche strano suono; quindi, lo raccolsero ed iniziarono a trascinarlo via, mentre lui si sentiva sempre più debole, e cadeva presto in un buio oblio.

Si risvegliò, intontito, in un ambiente luminosissimo. Subito, si accorse che la testa gli girava e non riusciva a respirare molto bene; quindi, vide di essere imprigionato in mezzo a quattro pareti di vetro, fuori dalle quali vi erano alcuni alieni, in una tuta bianca molto diversa da quella dei soldati, che gli giravano attorno e lavoravano con alcuni strani macchinari, emettendo quei bizzarri suoni che dovevano essere, evidentemente, la loro lingua. Per alcuni minuti, A non osò fare nulla, nemmeno mostrarsi sveglio; poi, ormai stanco, si tirò in piedi, al che subito gli alieni si girarono quasi tutti a guardarlo. Nonostante non vedesse i loro volti, il giovane intuì che quegli esseri dovevano essere probabilmente biologi, che stavano esaminando lui, per loro una forma di vita aliena quanto loro per lui. A provò a parlare e ad esprimersi a gesti, ma gli alieni non gli prestavano per nulla attenzione: erano solo intenti a squadrarlo ed a parlare tra loro, e sembravano non curarsi quasi che lui fosse lì. Quella situazione però durò molto poco: gli scienziati smisero presto di chiacchierare, e subito dopo A sentì un rumore sordo: avvertì immediatamente un lieve flusso d’aria sulla faccia, e contemporaneamente sentì la vista annebbiarsi. Doveva essere qualche veleno gassoso, capì, mentre il panico lo coglieva: ormai ne era certo, stava per morire. Fu in preda a tale terrore che accolse la rivelazione che avvenne giusto qualche secondo più tardi. Da una porta di quella sala entrò infatti un altro scienziato, che non indossava però la parte superiore della tuta: A poté così ammirarne le spaventose fattezze. Il suo aspetto era veramente terrificante: quella strana peluria che ricopriva parte del suo volto, minuscolo ma bestiale, quella pelle biancastra, quasi da spettro… e poi quegli occhi! Ne aveva addirittura due, piccoli ed infossati nel viso ed il loro sguardo era colmo di malvagità. Un cupo orrore prese a quel punto A; le sue gambe non lo ressero più, e così il giovane si accasciò al suolo, giusto un istante prima di esalare il suo ultimo respiro.

«Joe, per l’amor del cielo, indossi subito un casco! Non sappiamo ancora se questa forma di vita extraterrestre potrebbe in qualche modo danneggiare l’uomo o meno!» urlò il professor Morgan, adirato come non mai. Il dottor Joe Pogson si accorse solo allora di essersi tolto in precedenza, sovrappensiero, la parte superiore della divisa, e corse a prenderne una da quelle di riserva, appese al muro di fronte.
«E’ morto, eh?» fece, una volta che si fu sistemato.
«Già. Mi sarebbe piaciuto tenerlo in vita ancor un po’ dopo i prelievi che gli abbiamo fatto, era interessante: sembrava quasi voler comunicare con noi, non come la maggior parte degli altri, che si agitano impauriti e basta.» rispose Morgan
«E perché non l’hai fatto? Sei il capo, dopotutto…»
«La nave-zoo è del tutto al completo, però, e poi ce ne sono alcuni altri, come lui, pochi ma ci sono. Non valeva perciò la pena di disturbarsi a scambiarlo con un altro.»
«Ho capito. E’ un peccato, però…» disse Pogson, tornando a fissare con un po’ di tristezza il corpo del ciclope, ormai inerte dentro al contenitore. Ne aveva visti tanti, ma gli facevano sempre un po’ impressione: le strane escrescenze sulla sommità della testa e sotto il collo, la pelle violetta, e poi l’unico occhio, grande ed al centro della testa, che tanto ricordava i mostri presenti nella mitologia antica, se non altro per il suo aspetto ferino ed aggressivo. Eppure, nonostante tutto Pogson li trovava affascinanti, ed era stato tra i pochi ad essere contrario alla missione di guerra su quel pianeta, che a quanto si sapeva i nativi chiamavano “Xur” ma che ora era stato denominato, in via provvisoria, “Terra 41”. Ricordava ancora quando, qualche anno prima, si era arruolato nell’esercito, sognando di scoprire qualcuna di quelle specie di quei batteri che si raccontava fossero l’unica forma di vita sui primi pianeti esplorati. Grande era stato lo sgomento, quando aveva scoperto che ogni pianeta conquistato era abitato non da organismi unicellulari, ma da vere e proprie civiltà moderne, distrutte per lasciar spazio ai terrestri. L’uomo era avido, purtroppo e di mondi non ve ne erano mai abbastanza; tuttavia, terraformare un pianeta costava troppo, meglio rubarne a qualche civiltà, distruggendola. Pogson si era arrabbiato, e successivamente si era lamentato ad ogni missione; le sue proteste erano state tuttavia sempre blande. Dopotutto anche lui era un pavido essere umano, e di quel lavoro aveva proprio bisogno.

Un mese dopo, Terra 41 era completamente libera da ogni forma aliena: la flotta umana poteva così ripartire. La procedura standard imponeva, tra le altre cose, di espellere i rifiuti nel vuoto, prima del salto nell’iperspazio.
«E tu cosa ci fai qui?» chiese Pogson, più a se stesso che a qualcun altro, alla vista del corpo dell’alieno. Stava guidando la squadra delle pulizie in una cella frigorifero, indicando quali campioni erano ormai inutili e si potevano gettare e quali invece era importante tenere; non si aspettava, però, che dietro un angolo avrebbe trovato, per una curiosa coincidenza, proprio il cadavere dell’alieno che aveva visto morire.
«Non so perché questo sia qui, ma bisogna espellerlo, di sicuro non può restare, potrebbe divenire pericoloso per la nostra salute se si scongela, anche se è avvolto nella plastica. Qualcuno mi aiuti a portarlo via.» disse Pogson agli uomini delle pulizie. Uno di loro prese il grande corpo dell’extraterrestre per un estremità, mentre lo scienziato lo afferrò dall’altra ed insieme lo trascinarono fuori dal frigorifero, fino alla zona smaltimenti. Misero il cadavere in uno dei vani appositi, quindi Pogson premette il contatto: nel giro di un istante, la camera si era svuotata nello spazio. L’inserviente tornò subito al lavoro, ma il biologo rimase per un momento a guardare, con un po’ di tristezza, il corpo dell’alieno che volteggiava nel vuoto; poi, conscio di avere ancora molto lavoro da fare, girò i tacchi e se ne tornò nel frigo. E così, mentre il calore del rientro nell’atmosfera di quello che un tempo era stato il suo natale Xur, disintegrava il poco che rimaneva di A, l’astronomo alieno, le navi terrestri saltavano una dopo l’altra nell’iperspazio, dirette verso un nuovo pianeta e verso la prossima civiltà che la sete di potere dell’uomo avrebbe sterminato.

martedì 17 settembre 2013

Il successo immeritato di Francesco

Ok, ora l'estate è ormai finita, e si può tornare alle cose serie. Perché non dedicare un articolo a papa Francesco, quindi, mi sono detto? Dopotutto, non ne avevo praticamente mai parlato in questo blog, e voi tutti sapete quanto io ami il cattolicesimo; ecco quindi, come è nato questo articoletto. 

Ho cominciato interrogandomi, in seguito ad una discussione su un forum, su quale motivo papa Bergoglio sia grandemente acclamato, nonostante a livello di idee sia del tutto in linea col suo molto snobbato predecessore. La risposta che mi sono dato è: Francesco è così amato esattamente per gli stessi motivi per i quali, nonostante tutto ciò che ha fatto in negativo, Berlusconi viene ancora votato. Come il presidente del PDL, anche Papa Francesco ha infatti un'ottima capacità di piacere al suo "fan" medio (in questo caso si parla di fedeli cattolici); ed oltre a ciò, ha dalla sua parte (anche se in questo caso lui non li possiede, gli vengono solo dati) i mezzi di comunicazione adatti per riuscire a farsi conoscere su larga scala.

Il primo punto è abbastanza ovvio: Ratzinger era altezzoso, elitarista, ostentava la ricchezza anche in tempi di crisi economica e risultava antipatico a pelle alla maggior parte delle persone; Bergoglio è praticamente agli antipodi, presentandosi sempre umile, sorridente, dimostrando sobrietà ed un comportamento affettuoso e gioviale (probabilmente studiato a tavolino, ma tant'è). Il fatto che le idee di quest'ultimo si siano dimostrate in più di un'occasione assolutamente il linea col suo predecessore, se può contare anche molto per chi analizza i fatti con razionalità, non è affatto importante per il credente medio, per il quale sembra contare più la forma, la facciata, che ciò che c'è dietro; quindi, Francesco è apparentemente un papa buono e "santo", anche se nega, per esempio, quella laicità dello stato che porterebbe a benefici, anche economici, per tutti noi.

Sul secondo invece c'è poco da dire: i media hanno dato tanto spazio a questo pontefice da trasformarlo in una macchietta, sottolineando persino le cose più insignificanti e banali come se fossero immensi atti di bontà e di fede, non essendo altro invece che atti normali, che chiunque può compiere. Sarà che è il papa a farli a renderli speciali? Per me no, perché innanzitutto egli non è, come qualcuno ha detto, un semplice capo di stato; per chi crede è il vicario di Cristo in terra, ossia colui che detta a tutti i fedeli la linea su come comportarsi per essere morali: il fatto che compia certe azioni non può quindi essere una cosa speciale (al massimo può esserlo rispetto ai predecessori ma poco cambia), ma anzi è il minimo necessario per la sua figura. A parte questo, poi, il riportare pedissequamente ogni cosa fatta da Francesco lo rende, ai miei occhi (e a quelli di molti altri, a quanto ne so), ridicolo, nel senso più etimologico della parola: sottolineare infatti tutto quello che fa mostrandolo come atto di bontà riesce solo a generare ilarità, più che a renderlo simpatico.

Insomma, concludendo, papa Francesco è per gran parte una gigantesca costruzione mediatica, a mio avviso, mentre i fatti concreti ancora latitano (e per fatti si intende per esempiola fine dell'omertà sui preti pedofili, non certo invocare un inutile giorno di digiuno per la pace). Se questo pontefice vorrà insomma farsi amare pure dalle persone che fanno della razionalità la loro bandiera, dovrà fare ben altro; fino ad allora, però, per me rimarrà soltanto un fenomeno dei media di dubbia importanza.

P.S. ultimamente ho trascurato davvero troppo questo blog, ma prometto che, da oggi in poi, tornerò a scriverci più spesso (o almeno ci proverò)!

venerdì 23 agosto 2013

Sole e mare

Ok, e' quasi un mese che non scrivo niente, ma datemi tregua: ero in vacanza con la mia ragazza, vacanza che proprio oggi e' terminata: mi pareva carino, pero', terminarla con una poesia d'affetto, dedicata proprio a Monica, che cosi' tanto bella mi ha reso questi giorni. Tutto qui, lei se la goda e voi altri lettori magari leggetela: ah, e scusate per le lettere apostrofate invece che accentate: non sono sul mio solito pc, attualmente in riparazione, ma su un tablet, percio' non posso fare altrimenti (prometto pero' che appena torna, sistemo tutto).

Sole e mare

Quando tu sei qui, vicina a me
Il mondo sembra meno duro,
Ed i guai non esistono piu'
Perche' calmi ogni tempesta
E pien di gioia mi fai esser

Quando invece non ci sei
Il di' sembra splender meno
E la noia mi coglie spesso
Senza te a riempir il tempo
Colla gran felicita' che causi

Perche' io e te, Monica mia
Siam come il sole ed il mare:
Separati e' freddo inverno
E insieme e' un'estiva gioia,

mercoledì 24 luglio 2013

Il destino del maxi racconto

Ricordate il maxi racconto (anche detto "il racconto capolavoro") di cui ho parlato per mesi, oltre un anno fa? Non è mai stato abbandonato, seppur così potesse sembrare, ma anzi era quasi finito ultimamente. Tuttavia, non mi soddisfa ancora, e parlandone con la mia fidanzata, abbiamo deciso una cosa: cambiare la trama, e trasformarlo in un romanzo, scritto proprio insieme a lei. Per ora procediamo veloci, anche se non è detto che in futuro sarà sempre così (anche se conto che non vada troppo per le lunghe. Ulteriori aggiornamenti arriveranno poi, ma intanto non disperate: un racconto (un altro, ovviamente) sta comunque per arrivare.

domenica 14 luglio 2013

Aspettiamo con ansia gli elfi

Ieri sera, al TG2, sono andati in onda 3 servizi, per un totale di quasi 10 minuti, dedicati agli angeli: la loro natura, i loro poteri, ecc. . Spero che rispettino il principio della par-condicio, e dedichino servizi ad altri esseri inesistenti come elfi, unicorni, giganti, gnomi, mostri marini, draghi e giornalisti italiani non servili. Aspettiamo con ansia!

(Ma veramente... si può dedicare così tanto spazio, in un telegiornale nazionale, ad una stupidaggine del genere?)

lunedì 8 luglio 2013

Ragazza bellissima

Chi mi segue su facebook già lo sa, per gli altri lo annuncio ora: ebbene si, ho una nuova fiamma. Si chiama Monica, e stavolta credo davvero possa essere la mia "anima gemella". Perché sono fiducioso, nonostante la schifezza della storia precedente? Perché l'altra mi ha tenuto un anno e mezzo in sospeso, senza volermi nemmeno vedere, quest'altra è invece attualmente a circa 10 centimetri da me, e negli ultimi giorni siamo stati sempre insieme. Per questo, vorrei dedicarle un piccolo sonetto, niente di che, ma che spero possa essere un ringraziamento adeguato a tutto quello che sta facendo per me, e che spero continuerà a fare molto a lungo.

Ragazza bellissima

Di essere brutta, tu pensi
Di esser orrenda, addirittura
Non ciò che appare ai miei sensi
Ossia un’amabil creatura.

Che vive qui, a me vicinissima
Che di amore me ne da sì tanto;
Che è sincera, e pur dolcissima
Ed è per me gran motivo di vanto

Ed io non posso altro, da par mio
Darti tutto ciò di cui degna sei,
Ovver amarti con tutto me stesso

Perché tu, Monica, amore mio  
Sei divenuta la mia vera lei:
L’ora d’amarti, è giunta adesso!

martedì 18 giugno 2013

Il vero contributo dell'antipolitica

Uno stato polemico di facebook diventato un breve post, tanto per cambiare: stamattina, c'è stata una manifestazione di grillini davanti a Montecitorio. Interessante, il motivo della loro protesta: la lotta al precariato? No... il reddito minimo garantito? No... l'abbattimento delle spese militari? No... la lotta alla corruzione in politica? Nemmeno. Protestano contro una persona che ha osato macchiarsi di lesa maestà, affermando (anche giustamente) che la sconfitta elettorale era colpa dei toni violenti e dell'immobilismo di Grillo. Quest'ultimo aveva ragione: loro non sono come la vecchia politica, no... sono invece molto peggio (persino Berlusconi è stato molto più tollerante, per esempio con Fini); per fortuna, però, che si stanno soffocando con le proprie mani, e così questo loro esser peggio finirà presto, e senza conseguenze per l'Italia. O meglio, senza conseguenze a parte una: fortificare la "casta", che diventerà ancor più immune ai movimenti di protesta, magari seri, che potranno nascere in futuro. Eccolo, quindi, cosa concretamente ha fatto e sta ancora facendo il Movimento a 5 Stelle: aiutare la vecchia politica, in difficoltà, a tornare sulla cresta dell'onda. Un applauso, quindi, a chi ha contribuito a portare questo paese ancora più in basso di quanto già non fosse.

martedì 28 maggio 2013

Un quarto

E sono 25, un quarto di secolo. Mobbastaveramente però :D ! (scherzo)

Comunque sia, un grazie di cuore all'Infostrada, che mi ha regalato di farmi sparire la linea internet: niente di meglio, per farmi fare la figura del maleducato non rispondendo agli auguri, e facendomi arrivare solo adesso. Un ringraziamento molto sentito, ma anche un bel "Fuck off and die".

sabato 18 maggio 2013

Muovendo guerra al passato

Dopo quattro lunghi mesi dall'ultima novella postata, finalmente riesco a postarne una nuova, o meglio: questo racconto non è proprio nuovo, forse l'ho scritto più di due anni fa, ma poi l'ho accantonato (per un motivo che non sto a spiegarvi). Un mese fa lo ho ripreso, e l'ho modificato secondo il mio stile aggiornato, ossia cercando di correggere i miei difetti cui parlavo nel post di circa un mese fa, oltre comunque a togliere tutte le espressioni del mio stile acerbo di allora. Il risultato è questo, un racconto di fantascienza basato sul viaggio nel tempo che a me piace, ma come al solito dovete giudicare voi, anche se spero vi piaccia.

Muovendo guerra al passato

Hugo Rodriguez stazionava, fieramente impettito nella sua divisa da parata, presso l’uscio di casa, mentre la sua famiglia salutava con gioia il suo ritorno. Erano passati cinque lunghi anni da quando era partito per l’accademia militare, senza mai rincasare poi per tutto quel tempo: ora, perciò, voleva solo assaporare ogni istante della licenza di cui disponeva, lunga appena due settimane, dopo la quale sarebbe dovuto partire direttamente per andare in guerra, come ben sapeva. La leva non era obbligatoria, nonostante la scarsità di persone disponibili: ma Hugo si era lo stesso arruolato volontariamente, con entusiasmo addirittura, perché ciò che più di ogni altra cosa desiderava era seguire le impronte di suo padre, un veterano decorato addirittura generale per l’eroismo dimostrato nella Guerra dei Dieci Giorni. Combattere non lo allietava affatto, preferiva di gran lungo le missioni di pace all’impegno in battaglia, ma era comunque conscio che in ogni caso bisognava anche compiere il proprio dovere, e lui certo non si sarebbe tirato indietro. Inoltre, in quel frangente aveva deciso di non pensare affatto al futuro, la sua mente doveva essere del tutto sgombra per godersi le due settimane di relax assoluto che sarebbero arrivate poi; o almeno ci provava, visto che dopo aver trascorso una serata spensierata, a letto il giovane si scoprì a riflettere proprio sul conflitto imminente, così intensamente che non lo lasciava dormire. Continuava invece a tornare col pensiero a tutto ciò che i maestri a scuola, e suo padre a casa, gli avevano raccontato, sin da quando era un bambino.

La Terra, in quei primi anni del ventitreesimo secolo, era per gran parte devastata: dagli otto miliardi di persone che la abitavano nel ventiduesimo si era passati, nel corso della sanguinosissima Guerra dei Dieci Giorni, ad una popolazione totale non superiore al mezzo miliardo. Un giorno di ventotto anni prima, senza preavviso, un gran numero di astronavi dallo strano aspetto erano apparse come dal nulla nei cieli di tutto il mondo; da esse, era disceso velocemente uno sciame di piccole navette, ed in brevissimo tempo un immenso esercito di extraterrestri estremamente bellicoso era sbarcato sul pianeta, cominciando a distruggere ogni cosa al suo passaggio, mentre gli umani cercavano di contrastarli, ma invano, a causa delle particolari armi energetiche del nemico. Come il nome stesso diceva, il conflitto era durato solo dieci giorni; poi gli alieni, che avevano compiuto violenze e massacri senza sosta, erano stati spazzati via dal contrattacco  dei sopravvissuti, con un espediente peraltro estremamente semplice: si era scoperto casualmente, infatti, che in alte concentrazioni il vapore acqueo era estremamente tossico per gli alieni. Nel giro di appena un giorno, miliardi di litri d’acqua furono così vaporizzati, ed un’unica coltre di fitta nebbia (che persistette poi per molti giorni) ricoprì la Terra intera, sterminando gli invasori; il giorno successivo fu quindi il turno delle navi madri in orbita, bombardate ed abbattute. La guerra era vinta, ma a quel punto appena il sei percento della popolazione precedente restava ancora in vita; e, per giunta, larghe zone del pianeta erano rimaste contaminate da veleni e radiazioni, risultando perciò ancora inabitabili anche tanto tempo dopo.

Da allora erano passati molti anni, e nel frattempo l’umanità si era riorganizzata, cominciando di nuovo a produrre conoscenza; e, in particolare, erano state le tecnologie militari a progredire di più, sotto la spinta del timore (forse fondato, forse no) che il nemico potesse tornare ad attaccare. Era avanzata però anche la scienza: e tra le tante scoperte. negli anni, la più grande era stata la dimostrazione di come la possibilità teorica del viaggio nel tempo potesse essere sfruttata nella pratica, persino con relativa semplicità. Ad un lustro da tale scoperta, si mise a punto un piano che prevedeva di sfruttarla al fine di tornare nel passato e cambiarlo in meglio: le armi sviluppate nel frattempo avrebbero fatto piazza pulita degli alieni ben facilmente, e le nuove corazze ioniche avrebbero annullato ogni efficacia delle armi nemiche. Vista questa pressoché totale assenza di rischi, il progetto era stato accettato quasi unanimemente nel mondo, ed in ogni nazione erano stati addestrati corpi scelti e qualificati all’uso delle nuove tecnologie. Era lì che entrava in gioco Hugo: nonostante suo padre, pur essendo stato un combattente, si fosse fermamente opposto alla sua entrata in un’unità di quei corpi, il giovane vi si era fatto inserire lo stesso, perseverando testardamente nel suo intento. Alla fine, vedendo che ogni tentativo di dissuaderlo era vano, il padre aveva accettato le sue condizioni, ed ora era assolutamente fiero del figlio, seppur ogni tanto, nel suo atteggiamento verso di lui, sembrasse permanere ancora qualcosa di poco definibile, di non detto. Ora, mancavano due sole settimane alla partenza per il passato: ed Hugo, nonostante tentasse di negarlo, in ogni caso sentiva molto quest’incombenza, provando un misto di emozioni che, oltre a rendergli estremamente difficile il sonno, non riusciva a districare tra loro.

Nei giorni successivi, Hugo ebbe la possibilità di passare molto tempo con la propria famiglia e di svagarsi, distraendosi così da tutti i possibili pensieri e le possibili ansie; le due settimane di permesso sembrarono perciò trascorrere molto in fretta, ed il giorno della partenza giunse in un lampo.

Mentre la famiglia al completo lo scortava verso lo spazioporto, Hugo sentiva ogni sua emozione totalmente amplificata. A dominarlo, soprattutto, era il timore: nonostante ciò che sapeva sulla sicurezza della missione, il suo lato emotivo ed irrazionale era comunque decisamente sollecitato dall’immensità dell’impresa che stava per compiere, e l’angoscia era quanto di più naturale ci potesse essere. Il grande spazioporto di Città del Messico era gremito di famiglie, che salutavano i propri cari in partenza, tra arrivederci e lacrime; anche sua madre e le sue due sorelle piangevano, ma Hugo le rinfrancò: non dovevano preoccuparsi assolutamente, sarebbe tornato sano e salvo. Loro che aspettavano, per giunta, avrebbero percepito solo un’ora tra la partenza ed il ritorno; per questo, non avrebbero dovuto aspettarlo che poco tempo, e per quanto lo riguardava potevano persino non salutarlo. Più in generale, i suoi familiari dovevano stare tranquilli: Hugo sarebbe tornato da vincitore, avendo spazzato via il nemico dall’universo; così disse egli alla sua famiglia, rassicurando al contempo anche se stesso. Salutati quindi padre, madre e sorelle, il giovane si avviò verso le astronavi con un po’ di batticuore, cercando quella a cui era stato assegnato. Appena concluso l’imbarco, le navi accesero simultaneamente i propri motori, sollevandosi nel cielo in formazione compatta; nel frattempo, Hugo guardava la Terra allontanarsi velocemente dall’oblò accanto al suo posto. Vide così le zone brulle e contaminate dalla guerra, e promise a se stesso, nell’intimo, di impedire che ciò potesse succedere, cancellando totalmente la linea temporale in cui il suo pianeta subiva quel disastro. Il gruppo di navi si stabilizzò in orbita bassa intorno alla Terra: poi vennero avviate le procedure che aprivano lo wormhole temporale, dal quale subito dopo l’intero schieramento venne inghiottito in simultanea con le navi di tutti gli altri paesi, sparendo dai cieli dell’anno 2202.

Dopo un breve ma turbolento viaggio, le astronavi spuntarono nello spazio del 2174, cominciando subito a girare intorno alla Terra del passato. Il nemico sarebbe dovuto apparire esattamente quattro ore dopo, secondo la cronologia con cui la missione era stata programmata; tuttavia, all’ora prestabilita, inaspettatamente non avvenne proprio nulla. I minuti trascorsero lenti ed ansiosi, trasformandosi in ore, ma non un allarme venne lanciato, da nessuno. L’attesa si fece spasmodica ed ansiosa, mentre anche le ore passavano ed ancora niente di anomalo accadeva; e, dopo una mezza giornata sul chi vive, visto lo stato di ansia imperante e sempre crescente, i generali che comandavano la missione decisero di intimare il riposo a tutti i soldati, lasciando solo delle sentinelle a vegliare sulla situazione.

Tre giorni di pacifica allerta trascorsero senza che alcun fatto di rilievo avesse luogo; allo scadere dell’ultimo, il comando generale della missione venne riunito, per analizzare nel dettaglio quella situazione così strana. La prima conclusione a cui si arrivò in tale conferenza fu che, con ogni probabilità, prima dell’attacco nei dintorni della Terra doveva esservi un qualche tipo di vedetta aliena, una specie di avanguardia invisibile: avendoli avvistati da lontano, ed avendone valutato l’immensa forza, gli extraterrestri avevano così probabilmente rinunciato a tentare una qualsiasi azione di attacco. Stabilito questo, venne anche deciso come sarebbe proseguita la missione: si sarebbe attesa una settimana per sicurezza, fino alla fine di quella che nell’altra linea temporale era stata la Guerra dei Dieci Giorni; poi, se ancora nulla fosse accaduto l’intero contingente militare sarebbe tornato nel futuro, contando sulla speranza che gli alieni, avendo considerato la propria inferiorità, non osassero mai più avvicinarsi alla Terra, nemmeno in futuro.

Mancavano poche ore alla nuova partenza, ma prima di andarsene i quadri di comando ordinarono una missione di ricognizione sul pianeta, giusto per avere l’assoluta certezza che nulla lì sotto stesse eventualmente succedendo, e fosse sfuggito sino ad allora. Tra quelli che si proposero volontari, vi era anche Hugo: ormai stufo della noiosa monotonia respirata in quei dieci giorni a bordo della nave, desiderare fare qualcosa di diverso, specie se così interessante. Gli venne affidata una delle inutilizzate navette monoposto corazzate progettate per il combattimento nello spazio; poco dopo, il giovane volteggiava nel vuoto, cominciando sin da subito a scendere rapidamente verso la Terra. Le direttive erano chiarissime: doveva volare sempre categoricamente sopra i mille metri, e sempre con la protezione mimetica attivata; tuttavia, non gli importava perché anche da lassù lo spettacolo era bellissimo. Hugo non aveva infatti mai visto colori così intensi ed accesi come il verde brillante delle foreste e l’azzurro splendente e meraviglioso dei mari: vivendo in un epoca in cui il cielo era sempre tendente al grigio e le piante crescevano deboli e scolorite, il suo animo di sognatore ne rimase estremamente colpito e commosso.

Mentre stava per passare sopra il suo Messico, decise di avvicinarsi un po’ di più al suolo: voleva ammirare meglio lo spettacolo. Scese quindi dalla quota più alta a cui fino ad allora aveva volato fino al limite del chilometro; e, così facendo, si tuffò in una leggera nuvola che aveva sotto di se. Subito, si accorse di aver sbagliato la propria valutazione: la nube in cui era entrato era tutt’altro che lieve, e non si riusciva a veder nulla in nessuna direzione. Il giovane continuò a pilotare nella modalità di navigazione strumentale, cercando di uscire dalla foschia, ma passato pochissimo tempo qualcosa di inaspettato accadde: vi fu un improvviso bagliore di luce accecante, e subito tutte le spie della console di comando impazzirono per un istante, in avaria, prima di spegnersi totalmente. Hugo realizzò subito che la sua navetta doveva essere stata colpita da un fulmine, e che ora stava precipitando; tentò immediatamente di fare ripartire i sistemi di volo, ma senza alcun successo, la nave cadeva senza controllo ed aveva già oltrepassato il limite inferiore delle nuvole, col suolo che si avvicinava rapidissimo. Non c’era più niente da fare, quindi Hugo tirò la leva del sedile, e si espulse, mentre il suo velivolo continuò a precipitare, ed alcuni secondi dopo si schiantò al suolo, in una palla di fuoco ben visibile anche dall’altezza, dopotutto non così piccola, a cui il giovane si era ritrovato. Qualche minuto dopo, molto più dolcemente grazie al paracadute, anch’egli toccò terra; si ritrovò su un piccolo pianoro erboso, sul fianco di una montagna circondata da valli quasi da ogni lato ed, in lontananza, da altre montagne; ma ovunque, nient’altro che foreste e, qua e la, qualche macchia di brughiera. Lo spettacolo era meraviglioso, ma al giovane a quel punto non importava più: voleva solo esser salvato, e tornare il prima possibile sulla nave, e poi a casa, nel futuro. Iniziò così a comporre un  messaggio a terra con le pietre che trovava lì intorno: voleva rendersi più visibile, per esser individuato e soccorso più facilmente dagli altri ricognitori, che di certo lo stavano già cercando intorno al punto in cui era scomparso dai radar.

Aveva quasi finito di comporre la prima lettera della sua scritta, quando un eco lontano gli giunse alle orecchie, come il suono di un motore che rimbalzava tra le montagne; qualche minuto dopo, d’improvviso, il rumore si fece più forte e definito, ed Hugo si accorse che sul versante appena sotto di lui serpeggiava una sottile linea bianca, a tratti coperta completamente dall’intrico di alberi, ma che doveva essere senza dubbio una carrareccia; provando a seguirla con gli occhi, vide che la strada si inerpicava lungo il lato della montagna formando dei tornanti, fino a passare probabilmente poco lontano dall’altopiano in cui si trovava. Sul movimento intravisto con la coda dell’occhio, che gliela aveva fatta notare, c’erano poi poche incertezze; e quando ne vide un altro, molto più vicino, non ebbe più dubbi sulla sua natura: doveva essere evidentemente un veicolo di qualche tipo, che si stava dirigendo quasi certamente proprio nella sua direzione. Hugo attese, pieno di inquietudine, di sapere se esso era solo di passaggio o se era lì proprio perché il suo schianto era stato in qualche modo intercettato; le sue peggiori paure vennero però confermate quando un fuoristrada militare, con a bordo due uomini nella vecchia divisa dell’esercito messicano, uscì all’improvviso dalla boscaglia ai limiti dell’altopiano, per poi fermarsi a circa dieci metri da dove si trovava. Mentre l’uomo nella parte posteriore rimase sull’auto, puntandogli contro la mitragliatrice di bordo, il guidatore scese, e col fucile spianato avanzò cautamente verso di lui. Solo allora Hugo si accorse che, a parte il taglio della barba, leggermente diverso, il volto di quell’uomo era identico al suo: come era possibile? Era se stesso? No, in quell’anno non era nemmeno nato, e poi se lo sarebbe ricordato. Era forse un’allucinazione, magari causata dalla caduta, in cui non si era accorto di aver battuto la testa? Eppure gli sembrava proprio che l’atterraggio fosse stato morbido. Il non riuscire a rispondersi lo sgomentò, e di conseguenza cercò di parlare; non riuscì tuttavia a pronunciare nemmeno una parola, perché l’altro, nonostante dimostrasse anch’egli inquietudine, con tono perentorio gli intimo il silenzio, il fucile puntato dritto al petto; quindi gli ordinò di togliersi il casco da pilota, che Hugo solo in quel momento realizzò di avere ancora in testa. Lo fece, e subito lesse negli occhi dell’uomo che aveva davanti un terrore cieco, mentre la sua mano cominciava a tremare pericolosamente in direzione del grilletto. Anche Hugo si spaventò moltissimo, e tentò nuovamente di parlare: ma, appena ebbe pronunciato la prima parola, il suo mondo divenne, per un attimo, un solo pervadente boato, seguito poi dal silenzio più totale. Si sentì improvvisamente debolissimo, e mentre si accasciava a terra, seppe di star morendo; poi, in un momento di lucidità arcana, capì cosa era realmente successo, un attimo prima che tutto sparisse nel buio.

Mentre le astronavi sparivano dalla vista, dirette prima verso l’orbita e poi verso il passato, Fernando Rodriguez poté finalmente lasciarsi andare al più cupo scoramento. Sapeva da anni ormai che quel giorno sarebbe arrivato, ed anche se gli era difficile accettarlo, non poteva evitarlo. Nessuna astronave sarebbe tornata indietro, lui ne era ben consapevole: la storia che si era raccontata al mondo fino a quel momento era stata una gigantesca menzogna. Nel 2174 erano davvero apparse delle strane astronavi, nei cieli di tutto il mondo, ed erano davvero rimaste in orbita per dieci giorni: ma non era successo nient’altro, si erano limitate ad orbitare senza far nulla, a parte alimentare le visioni apocalittiche di alcuni catastrofisti sul pianeta; esse, a loro volta, avevano cominciato ad instillare un gran numero di dubbi e di paure tra la popolazione, nonché tra i militari in allerta. Solo al decimo giorno qualcosa era avvenuto: nel Messico orientale era precipitato un oggetto non identificato, proprio nella zona di competenza del plotone di Fernando; così, insieme ad un commilitone, egli era stato inviato nella zona dello schianto, con l’ordine di controllare la situazione ed anche, se possibile, di trovare eventuali superstiti, di qualsiasi natura essi fossero. Si ricordava ancora estremamente bene di come avesse trovato quell’essere, di come l’avesse visto togliersi il casco,e di come il suo viso fosse così simile al suo; e poi di aver pensato che fosse un alieno mutaforma (proprio come dicevano alcuni di quei profeti di sventura) che lo aveva copiato, uccidendolo in preda al panico che lo aveva colto di conseguenza. Subito dopo, erano giunte altre piccole astronavi, apparse dal nulla come se fossero mimetizzate e scomparse nello stesso nulla nuovamente quando il suo compagno le aveva crivellate di colpi di mitragliatrice: allora era stato il terrore. La notizia degli alieni mutaforma con le navette invisibili e non intercettabili si era diffusa in un istante, e la paura aveva fatto il resto: così, mentre le astronavi in orbita erano state abbattute con le testate nucleari, senza che i loro abitanti quasi se ne accorgessero, vi era stata un’ecatombe a Terra, con alcuni paesi che ne avevano bombardato altri accusandoli (per paranoia o semplicemente strumentalizzando la faccenda) di essere ormai sotto il potere dai mutaforma. Era così nata una guerra (anche se più che altro era un disastroso caos, con tutti a combattere tutti) che in pochissimi mesi aveva sterminato gran parte dell’umanità e contaminato la maggioranza delle terre emerse con armi chimiche, batteriologiche e nucleari. I sopravvissuti erano infine riusciti a ristabilire la pace con grande fatica fatica, ma il mondo era ormai devastato e spopolato.

Meno di un anno dopo, nella foresta amazzonica, venne rinvenuto un gruppetto di ricognitori “invasori” superstiti, i quali si arresero senza combattere e riferirono alle autorità la loro realtà. Per quanto assurde fossero, le loro affermazioni erano supportate da evidenze inconfutabili; si capì, perciò, che ciò che dicevano non poteva che essere la verità: nessuna civiltà extraterrestre aveva mai visitato la Terra, tutti erano irrevocabilmente umani. Si formarono a quel punto due fazioni, tra i militari e gli uomini di governo, gli unici in quel momento a conoscere il segreto sui fatti: una era per nascondere tutto agli occhi del mondo, mentre l’altra era per divulgare la notizia; tra questi ultimi, vi era anche Fernando, nel frattempo promosso generale per i suoi meriti per ristabilire la pace. Eppure, dicevano i fisici, per quello che si conosceva sulla dimensione tempo, nulla sarebbe servito ad evitare il passato, ciò che era successo era successo, e non si poteva in alcun modo modificare: probabilmente rivelare la realtà avrebbe causato solo più conflitti e più dolori, e non sarebbe servito ad evitare comunque la tragedia. Per questo, la fazione della riservatezza prevalse, e venne inventato il falso ricordo della Guerra dei Dieci Giorni, accettato subito dalla labile memoria di una popolazione ancora confusa e stordita dalla grande ecatombe; Fernando, invece, in rotta coi suoi capi, si congedò dall’esercito, tornandosene mestamente a casa sua. Eppure, i ricordi di quanto aveva vissuto lo tormentavano di continuo; e, soprattutto, non riusciva ancora a capire come fosse possibile che il presunto alieno, il cui arrivo aveva causato il fraintendimento all’origine della guerra, avesse la sua stessa faccia. Poi però, il suo primogenito Hugo aveva cominciato a crescere, ed allora Fernando aveva capito tutto. Aveva tentato in tutti i modi di dissuaderlo dal partire, sperava ancora che gli scienziati potessero sbagliarsi di grosso: ma così non era, ed alla fine aveva dovuto accettare, con la morte nel cuore, che il figlio andasse incontro ad una fine certa, per giunta inflittagli proprio da lui, che così tanto lo amava.

L’ora stabilità trascorse, e non una della astronavi fece ritorno come era previsto. La folla di genitori in attesa dei propri figli comincio a sgomentarsi, non riuscendo a realizzare cosa era appena successo: e così alcuni piombavano in uno stato catatonico, altri piangevano, altri invece rincuoravano gli altri, dicendo si trattava, senza dubbi, solo di un banale ritardo. Solo Fernando Rodriguez, tra tutti, sapeva con certezza, e se ne stava in disparte, cercando di non dare a vedere quanto fosse provato da ciò che sapeva, sentendosi tanto sconfitto dalla vita da non riuscire nemmeno a piangere, o ad aprir bocca. Qualche minuto più tardi, radunò la famiglia, e senza dare la benché minima spiegazione, senza più guardarsi indietro, senza più alcuna speranza che all’orizzonte comparisse, lontana, la figura di una nave, si fece seguire dagli altri all’automobile,  per ritornare mestamente a casa. Era la fine di ogni speranza, praticamente la fine del mondo per lui e per tantissime altre famiglie, che appresero poi, quella sera, la verità: e, nella storia futura, mai il ricordo di quanto successo quel giorno venne dimenticato, ad eterna memoria di quanto la paura e l’irrazionalità umane possano essere dannose.

sabato 11 maggio 2013

Ormai non mi stupisco più

Ieri sera sono stato alla festa della scienza "Fosforo" a Senigallia, ed in particolare mi sono recato sul posto per una conferenza del debunker Paolo Attivissimo sulle illusioni ottiche e sugli inganni della mente. E' stata una conferenza molto interessante e divertente, ed alla fine ho passato una gran bella serata, devo dire. Però... c'è un però. Ricordo infatti che quando l'estate scorsa sono andato (molto di malavoglia) al Summer Jamboree sempre a Senigallia, una specie di raduno di (brutta) musica, per trovare un parcheggio abbiamo dovuto girare a lungo, e poi ne abbiamo trovato uno distante due chilometri dal centro; ieri, invece, tra il mio parcheggio e il luogo della conferenza ci saranno stati si e no venti passi, ed ho pure preso il parcheggio che volevo, perché anche gli altri intorno erano del tutto vuoti.

Ovviamente, la differenza è tantissima, ed è l'ennesima conferma di quanto la cultura (di tutti i tipo, non solo scientifica) in Italia sia poco estesa e poco amata, mentre ad essere amato è solo spazzatura modaiola spacciata per cultura, ma che cultura certo non è, semmai il suo contrario. Una cosa del genere è molto triste, ed infatti ogni volta che vengo a conoscenza di fatti del genere sono sempre grandi la mia delusione e la mia indignazione; eppure, ormai io non riesco più a stupirmi, mi pare così normale la stupidità serpeggiante che ormai non riesco più a meravigliarmi di quanto il popolo italiano sia ignorante. Ma, del resto, mi chiedo anche: a che pro stupirsi? Ed anche, soprattutto, a che pro indignarsi? Ho ormai imparato che in questo paese la maggior parte delle persone preferiscono rimanere a crogiolarsi al caldo della propria mediocrità, che fare una qualsiasi cosa per migliorarsi, quindi non ci sono speranze di cambiare la situazione, né a livello dei singoli individui, né in grande, con i problemi che resteranno, come per esempio la corruzione politica, la quale scomparirà solo quando il popolo diverrà onesto e altruista (cioè mai). Comunque sia, affari loro: nella vita, chi vince davvero, per citare Dante, è chi segue "virtute e canoscenza" e riesce a fare qualcosa della propria vita, non certo chi vive un'insensata vita da bruto; per questi ultimi, per usare un francesismo, cazzi loro.

P.S. comunque sia, Attivissimo è uno dei miei "miti", e sono stato contento di averlo visto dal vivo e felice come un bambino ad esser riuscito a conoscerlo e a chiacchierarci un pochino dopo la conferenza, portandomi a casa il suo libro "Luna? Si, ci siamo andati", autografato, che per me è un vero e proprio cimelio!

domenica 28 aprile 2013

L'eroe del giorno

Oggi dobbiamo rendere omaggio ad un nuovo eroe. Si chiama Luigi Preiti, di 49 anni, e questa mattina, davanti al palazzo Chigi, ha sparato con una pistola, ferendo due carabinieri. Purtroppo, per questa sua azione politica arguta e intelligente, che incrina in maniera potente il potere della casta, è stato arrestato; la stessa casta ha risposto duramente, facendo dire al fratello dell'attentatore (ovviamente comprato) che quest'ultimo era in crisi personale, affermazione subito ripresa dai politici nel dire che era pazzo.Complimenti, comunque, a quelli che su facebook non si sono lasciati ingannare dal regime ed hanno compreso tutto, capendo quanto l'attentatore era eroico e quanto il suo gesto è importante e valido come critica politica, mentre al diavolo chi pensa che protestare in maniera pacifica senza concludere nulla sia al contrario addirittura l'unica cosa legittima.

(Se non l'avete capito, tutto il post era sarcastico)

sabato 20 aprile 2013

Game over

... e non c'è molto altro da dire. Per l'Italia è finita, qualsiasi cosa succeda da domani in poi, questa malattia chiamata "idiozia" è ormai entrata in fase terminale e il risultato non potrà cambiare, sia in caso di accanimento terapeutico che di eutanasia. Complimenti vivissimi a tutti i RITARDATI (perché di questo si tratta) che hanno finito per causare questa situazione.

venerdì 19 aprile 2013

Riflettendo sul mio stile di scrittura

Sto vedendo, in questo periodo, molti commenti a ciò che scrivo (non qui, ma altrove), e ciò mi ha permesso di capire un po' di cose sul mio stile. Innanzitutto, devo cominciare dicendo che mi sono trovato in una situazione pressoché kafkiana: infatti, io puntavo tutto sui racconti, le poesie erano solo un passatempo senza la benché minima pretesa... ed invece pare che, alle altre persone, le mie poesie piacciano moltissimo, mentre i racconti molto meno. Strano!

Passando a questi ultimi, le critiche che mi vengono mosse sono principalmente di forma. In particolare, quelli  di fantascienza sarebbero una lunga sequela di fatti, senza azione ne null'altro, e ciò li penalizzerebbe abbastanza, anche se a me piacciono comunque così. E' probabile che in generale, però, così sia davvero, e questo mi ha portato a riflettere un po' su come renderli più interessanti. La mia conclusione è stata che, molto probabilmente, i miei racconti dovrebbero essere più lunghi e con più sottotrame, in poche parole dovrebbero trasformarsi quasi in romanzi; proprio questo mi ha fatto pensare che forse il mio stile è più adatto per le lunghe distanze. Non so se sia così o meno: tutto ciò che so è che, per i prossimi racconti, renderò la narrazione più lunga e meno descrittiva, cosicché possano risultare più interessanti, il che significa che mi concentrerò di più sui racconti meno di fantascienza e più onirici, o almeno su racconti fantascientifici più "raccontati" che in passato.

Comunque sia, è proprio per questo pensiero che in questo periodo mi sto concentrando come non mai sul romanzo: se è proprio sulla lunga distanza che rendo meglio, perché non provare con esso? Ecco perché sto correndo, ristrutturando quello che già ho e scrivendo ancora il tutto: perché voglio verificare proprio se, invece che un racconto, un romanzo sarebbe più interessante per i lettori. E' per questo che impiego meno tempo su tutto il resto, anche sui post d'opinione, che non ho molto tempo per sviluppare, ma non temete: presto spero di tornare a postare di più qui su Hand of Doom, anche perché il periodo nero sembra stia finendo, e potrò essere più concentrato sul mio lavoro. Questo è quanto.

sabato 6 aprile 2013

Ad perpetuam memoriam


Gli occhi tuoi meravigliosi
Non brillano più, oramai
Di quella luce d’amor e di vita
Di cui una volta eran così colmi

Ed il tuo corpo, così atletico
Che sì tanto amava correre
Riposa ora, immobile e cheto
In un mare di tranquillità

Ormai dolore più non provi,
Quello è soltanto per noi vivi
Cui tanto amor hai saputo dare,
Che non si poté non ricambiar

E noi ti amavamo così tanto
Che or la sofferenza ci divora
Sapendo di non poter colmare
Il vuoto della tua mancanza.

Eppur nel nostro cor straziato
Un angolo di beltà resta tuttora:
E’ quello in cui noi serbiamo
Il ricordo della tua meraviglia;

E quello nulla potrà cancellarlo
Sicché tu, nelle nostre anime
Potrai continuar ancor a correre
Per sempre, per sempre felice.

Ciao Luna

venerdì 29 marzo 2013

La prima pubblicazione!

Visto che ora lo sanno tutti quelli a cui potevo fare una sorpresa, posso finalmente annunciarlo (rivelando anche a cosa si rivela questo post): finalmente sono riuscito ad avere qualcosa di pubblicato su carta! Un mio articolo di attualità è infatti apparso sull'ultimo numero del bimestrale "L'Ateo", giornale a carattere culturale e filosofico pubblicato dall'organizzazione UAAR (di cui faccio parte ormai da anni), ed ho inoltre l'occasione di collaborare ancora col giornale. Il fatto di essere pubblicato mi ha reso veramente felicissimo, come mi è difficile anche solo esprimere, ed oltre a ciò è per me personalmente un grandissimo passo in avanti nella direzione giusta; e, oltre a questo, è un grandissimo potenziamento per la mia autostima (e ne avevo un gran bisogno). Dopo questo risultato, comunque, ringrazio tutti quelli che, in questi anni, mi hanno spinto a scrivere, in parte è anche merito loro: grazie infinite di tutto! Detto questo, credo di aver detto tutto: se comunque siete curiosi di saperne di più... comprate il giornale!

lunedì 25 marzo 2013

Impegno sul romanzo

Ho rimesso mano al mio romanzo, questa volta in maniera estremamente seria, vorrei finirlo magari non per la fine di quest'anno ma quasi, e sto lavorando un sacco, per adesso sui capitoli già scritti: stavolta le modifiche saranno moltissime, perché sto rendendo il tutto, dal quasi-divertissment che era qualcosa di serio e finalmente degno di essere letto. Stavolta credo di farcela davvero, e sono motivatissimo, per questo mi sto impegnando al massimo: è questo uno dei motivi della mia assenza di questi giorni, ma non vi preoccupate, spero di ricominciare presto a scrivere anche qualche breve racconto.

venerdì 15 marzo 2013

Riflessioni oscure

Visto che non ho nessun altro contenuto di scrittura da postare, essendo io come già detto molto occupato, oggi arriva una poesia che ho scritto qualche tempo fa come esperimento per me stesso. E' un sonetto sul modello classico, e parla (stranamente) di tristezza. Niente di che, spero solo che non vi faccia schifo.

Riflessioni oscure

Che senso ha vivere questa vita
Se felicità avere non si può?
Ogni via all’amor è svanita
Ed aver amor io mai avrò?

Tali domande consumo pensando,
E non una risposta mi sovviene;
Ma continuo a pensarci in tondo
Percorrendo un ocean di péne.

E concludo: viver, ma per ché ormai?
Nulla vi è per me, nel mondo fuori
Solo un’esistenza desolata

E sicur per nulla desiderata:
Sì vivrò questa vita di dolori
Senza amor alcuno avere mai

mercoledì 13 marzo 2013

Girlfriend in a Coma

Giusto un brevissimo post, oggi. Alcune sere fa mi è capitato di vedere su La7 il documentario/film Girlfriend in a Coma, e devo dire che l'ho piuttosto apprezzato. L'analisi in esso contenuta è abbastanza accurata, e seppur parta da premesse di circa un anno fa, senza in particolare aver potuto apprezzare a pieno l'effetto deleterio del Governo Monti, analizza comunque la situazione particolare dell'Italia, con il duplice scopo di evitare che le vicende italiani possano contagiare altri paesi, ed anche con quella di cercare una soluzione comunque ai nostri problemi: tra tutte, apprezzabilissime le critiche al malaffare e alla cultura troppo cattolica. Insomma, un documentario con dei punti su cui non mi trovo d'accordo, ma tutto sommato molto bello, e che riesce a colpire nel segno di molti dei problemi italiani, perciò lo consiglio a tutti quanti.

P.S. comunque scusate se in questo periodo devo scrivere post estremamente brevi, ma sono parecchio impegnato

sabato 2 marzo 2013

Grossi impegni

In questo periodo non so quanto riuscirò a scrivere ancora contenuti più articolati di post brevi... ho infatti deciso di ritornare, dopo un periodo di abbandono totale, a scrivere di nuovo il romanzo, questa volta in maniera seria, per poterlo finire entro la fine dell'anno, o almeno così spero. Oltre a questo ho altri progetti, cose altrettanto importanti, perciò non avrò poi così tanto tempo: tuttavia, appena sarà possibile, proverò lo stesso a scrivere ancora racconti o poesie, e spero di farcela.

martedì 26 febbraio 2013

Fucking stupid...

...così è l'Italia, o almeno quella parte che, per l'ennesima volta, ha votato per Berlusconi, rendendo di fatto il paese ingovernabile. Passi per Grillo, che forse potrebbe rivelarsi pure peggio, ma almeno ancora non ha fatto ancora nulla, ma come si può votare ancora questo patetico omuncolo, che non ha fatto mai nemmeno una singola cosa per il nostro paese? L'unica spiegazione è che una parte degli italiani è dannatamente troppo stupida per rendersi conto di quello che fa. Gente così, per me, non essendo capace di vedere la benché minima conseguenza di ciò che fa, dovrebbe essere privata del diritto al voto: ha già fin troppo dimostrato, ormai, di non esserne degna, e di usarla per il male dell'Italia.

Almeno per me personalmente, però, un lato positivo c'è: da ora in poi, esprimendo questi pensieri elitari non sarò più tacciato di essere snob o intollerante (o, se succederà, subito chi l'avrà fatto sarà etichettato come ridicolo)... ma è una magra consolazione, rispetto alla tristissima situazione che abbiamo qui in Italia. Scusate lo sfogo.

sabato 16 febbraio 2013

Non piangete per me

Era un bel po' che non mi capitava di postare una poesia triste, ma qualche settimana fa, in un periodo abbastanza brutto, mi è capitata di scriverne una, che ora vi ripropongo. Vi devo avvertire che è veramente molto triste; per il resto nient'altro da dire, se non di leggerla.

Non piangete per me

Quand’io morrò
E certo presto sarà,
Ché ormai son stanco
Troppo, ed abbattuto,
A tutti una sola cosa
Io vorrei chiedere:
Non piangete per me.

Non piangete per me,
Perché in vita m’avete sì odiato
E sol disprezzo ho potuto patire,
Mai compreso, giudicato solo

Non piangete per me,
Perché sol stupido, o tirannico
Od odiabile fu’io per voi, e mai
Buon amico, o persona per bene

Non piangete per me,
Perché l’amor mio era odio
E la tristezza una patetica farsa
Per voi, che mai il vero vedeste

Non piangete per me,
Perché in quest’ora sì buia per me
Lasciato m’avete alla solitudine
Ignorato come se non esistessi

Non piangete per me,
Perché se solamente aveste voluto,
Si poteva certo evitar tutto questo
Ma nemmen un dito avete mosso

Non piangete per me,
Io chiesi, ma mi illudo:
Son sicuro in fine che,
Come scrissi altrove,
Nessun piangerà per me
E questa mia epigrafe
Sarà solamente eco
A sparire in lontananza

martedì 12 febbraio 2013

Dimissioni del papa: era ora!

Volevo postare una poesia che ho già pronta, oggi... ed invece no, ho deciso di commentare brevemente le annunciate dimissioni di Benedetto XVI ieri. In verità c'è ben poco da dire, ma son sicuro che tale avvenimento qualcosa di positivo (altro che la poesia triste programmata!). Come altro poter reagire, infatti, ad una persona che dall'alto della sua autorità non si è mai risparmiato attacchi agli atei, agli omosessuali, agli scienziati ed alla scienza in generale, ai liberi pensatori, ha sconsigliato l'uso di contraccettivi e del preservativo anche in paesi oppressi immensamente da problemi come AIDS e sovrappopolazione, ed ha proseguito la sua politica, già cominciata da cardinale, di copertura, anziché di condanna, per la pedofilia per il clero? Chiunque sia moralmente sano non credo possa non gioire per questo avvenimento, io credo. Purtroppo, forse il prossimo papa sarà come questo, se non peggiore, il che però in fin dei conti non dovrebbe importarci: il cambiamento più forte infatti dovrebbe essere il nostro, che dovremmo smettere di dare ascolto ad un'istituzione rimasta indietro di mille anni, e cominciare a seguire modelli morali più sani che non questi che predicano amore diffondendo odio. Aspettando che (e soprattutto se) accada, però, accogliamo almeno questo piccolissimo passo, e salutiamo un papa che certo non ci mancherà.

lunedì 4 febbraio 2013

Nuovo cambiamento

In breve, dopo due mesi che ho tenuto l'appuntamento fisso del giovedì, mi trovo a doverlo abbandonare: infatti, il tempo che ho per scrivere i miei articoli è pochissimo, e scriverne uno a settimana è veramente troppo pesante. Tuttavia, articoli di cultura o di scienza mi appassionano ancora, perciò continueranno a trovare spazio, su questo blog, solo non in un giorno fissato ma più a caso: ed io credo che sarà meglio così, in fin dei conti, è meglio scrivere seguendo l'ispirazione che doverlo fare per forza. E' tutto.

giovedì 31 gennaio 2013

Questione di misure (seconda parte)

Come promesso tre settimane fa, ecco la seconda parte dell'articolo sulle misure, in cui stavolta, invece dell'infinitamente piccolo mi occuperò dell'infinitamente grande.

Per noi, il nostro pianeta, la Terra, è già gigantesco, eppure esso non è così grande: con un diametro di 12.745 chilometri circa, la Terra è già molto più piccola della distanza che la separa dalla Luna, che è distante mediamente 384.400 chilometri; la luce, la quale si muove alla velocità di circa 300.000 km al secondo (un dato questo da ricordare), impiega più di un secondo a giungere. Il Sole è ancor più lontano, distando 149,597 milioni di chilometri: in scala, se la Terra fosse una monetina da 10 centesimi di euro (e di conseguenza la Luna a distanza media sarebbe a circa 60 centimetri), la nostra stella si troverebbe a circa 230 metri da essa: e a questo punto, parlare di metri o chilometri è ormai controproducente, e si usa quindi la Unità Astronomica, pari per convenzione appunto a circa 149,597 milioni di chilometri. Aprendo una piccola parentesi sulle dimensioni dei corpi celesti, il nostro Sole ha un diametro di 1.391.000 km, ma è classificato come "Nana Gialla", essendo piccolo in confronto ad altri oggetti. Esistono infatti le stelle della categoria "Giganti" che hanno un'estensione immane in confronto: l'esempio più eclatante è la stella nota col nome VY Canis Majoris, il cui diametro è 1400 maggiore del sole. Per l'esempio della moneta, con la Terra sfera del diametro di una monetina da 10 centesimi, il Sole sarebbe largo circa due metri, nulla comunque in confronto alla stella di cui sopra, una sfera di tre chilometri di diametro. Tornando alle distanze, il pianeta più lontano dal Sole, Nettuno, ha un'orbita di 30 UA astronomiche di raggio, ma il limite del sistema solare è ben più lontano della sua orbita: si stima che la Nube di Oort, una specie di "guscio" del sistema solare composto da comete, abbia diametro tra 20.000 e 100.000 UA: essendo l'orbita terrestre l'ormai solita monetina (e con l'orbita Nettuniana larga circa tre metri), questa nube sarebbe compresa tra quasi due e poco meno di dieci chilometri.

In questa scala di grandezza non ha nemmeno più senso usare l'Unità Astronomica, e quindi si tendono ad adoperare due altre unità di misura, l'anno luce e il parsec. L'anno luce è quella distanza che la luce, alla sua velocità di 300.000 km al secondo, impiega un anno a percorrere (ricordo che la luce della Luna ci arriva in più di un secondo, mentre quella del Sole ci impiega otto minuti). Il sistema stellare più vicino al nostro, Alpha Centauri, è a circa un quattro anni luce di distanza da noi, e tutte le altre stelle sono più lontane, il che ci dice anche che gli astri che vediamo in cielo non sono quelle reali, bensì proiezioni della posizione in cui essi erano al momento in cui la luce è partita; per cui, guardando una stella distante 100 anni luce, si vede in realtà com'era essa stella cento anni fa.E' preferibile usare il parsec (pc), un'unità che si trova in maniera ottica (non vi sto a spiegare il procedimento), pari ad ogni modo a circa 3,26 anni luce o a 206.264 UA( mentre un anno luce è circa 63.384 UA), ed il nostro Sistema Solare ha un diametro, in parsec, di 0,485 pc (ed Alpha Centauri è a poco più di un parsec).

Detto questo, per farla molto breve il diametro stimato del disco della nostra galassia è 24 kpc (kiloparsec, ossia migliaia di parsec): eppure la struttura periferica, l'alone, dal centro si estende ancora oltre, fino alla distanza di 61 kpc. Per il confronto con la monetina, se essa fosse il nostro sistema solare preso al limite esterno (100.000 UA), il disco della nostra galassia avrebbe un diametro di quasi un chilometro, ed il suo alone sarebbe grande quasi due chilometri e mezzo. Ancora più in grande: tralasciando le galassie satelliti (ossia gruppi di stelle che ruotano intorno alla nostra come appunto satelliti) della nostra, la galassia più vicina alla Via Lattea è quella di Andromeda, che dista 779 kpc, ovvero due miliardi e mezzo di anni luce: l'immagine che di essa vediamo è quella di com'era due miliardi e mezzo di anni fa (periodo in cui nemmeno la vita pluricellulare esisteva sulla Terra), ed osservarla è veramente guardare indietro nel tempo. Eppure non è che la galassia più vicina a noi, tra le cento miliardi esistenti. Comunque sia, la nostra galassia fa parte di un gruppo di galassie conosciuto come Ammasso Locale, il quale a sua volta fa parte di una struttura nota come Superammasso Locale: il primo è composto di galassie piccole e le due maggiori sono la nostra ed Andromeda (e questo è l'unico caso in cui siamo in qualche modo "al centro" nell'universo, per dimensioni), ed ha un diametro medio di 3,1 mpc (megaparsec, milioni di parsec o migliaia di kpc): il Superammasso, formato da esso e da altri ammassi, è invece grande 60 mpc: ovvero, se la nostra galassia (senza alone) fosse la solita monetina (e con Andromeda a sessanta centimetri), il Gruppo Locale sarebbe grande più o meno due metri e mezzo, e il Superammasso sarebbe compreso in una sfera di cinquanta metri di diametro. Contando poi che la grandezza dell'universo è stimato essere circa 28,5 gigaparsec (migliaia di mpc, con la luce che impiegherebbe, per percorrerlo tutto, un tempo ben superiore all'intera età stimata del cosmo), avremmo che esso sarebbe grande, nella proporzione, ventitré chilometri. Un ultimo paragone con la moneta: tornando alla nostra cara Terra, che ci sembra così grande, se essa fosse una sfera del diametro della moneta da dieci centesimi, l'universo sarebbe grande 45 kpc, ossia  quasi il doppio della nostra galassia, il che ci fa ben capire quanto siamo piccoli in confronto al cosmo.

Tutto ciò, oltre ad essere estremamente affascinante (almeno per me lo è, tantissimo), può anche essere all'origine di una riflessione: il nostro universo non è certo a misura d'uomo, anzi siamo veramente un granello di polvere nell'immensità (paragone da prendere in maniera poetica, visto che scientificamente la proporzione tra un granello di polvere e noi è gigantescamente maggiore rispetto a quello del nostro pianeta coll'universo), peraltro per la quasi totalità composta di vuoto. Da questa prospettiva, i nostri problemi sembrano veramente piccoli: e pure se per noi sono certo importanti (non intendo certo sminuirli), dovremmo renderci conto, ogni tanto, di quanto noi siamo piccoli ed insignificanti rispetto a tutto ciò che esiste.

mercoledì 23 gennaio 2013

Post rimandato di una settimana

L'articolo già annunciato quasi due settimane fa per domani, e che doveva parlare delle distanze fisiche nell'infinitamente grande, sarà invece postato la settimana successiva. In questi giorni ho avuto sia altri impegni che problemi di altro genere (ancora una volta di salute, purtroppo), e non ho potuto completare il post nella maniera più consona (né posso riuscirci nel giorno che resta). Vi chiedo scusa!

giovedì 17 gennaio 2013

"Il Nome della Rosa" di Umberto Eco

Altra settimana, altra recensione (non essendo riuscito a pensare a nulla di meglio, e soprattutto avendo pochissimo tempo). Il Nome della Rosa è senza dubbio il romanzo più famoso di Umberto Eco, e non a caso: è infatti un gran ben libro, in cui l'autore piemontese esprime tutto il proprio amore per il medioevo, il quale di conseguenza riesce ad uscire letteralmente fuori dalle pagine. Il risultato è molto particolare, a cominciare dallo stile, ricercato e pieno di frasi in latino non tradotte, ma che risulta tuttavia non illeggibile ed anzi possibilmente comprensibile anche a chi non conosce tale lingua.

Inutile narrare la trama (che è in pratica quella di un libro giallo, pur essendo ben poco scontata), essa è infatti qualcosa di secondario, per quanto sia anch'essa molto interessante e soprattutto molto avvincente. La parte però che spicca di più però è il contorno, ovvero i pensieri del protagonista Adso da Melk, che fanno ben comprendere la mentalità medioevale (nel fare ciò Eco ha un vero talento); e poi tutte le varie dispute teologiche e l'ambientazione storica, così antica eppure così simile ai nostri tempi nei difetti degli Italiani che già allora erano paragonabili a quelli odierni. Per il resto, il libro è pieno di piccoli particolari, di cui però nessuno senza importanza, i quali disegnano un mondo dettagliatissimo e realisticamente dei suoi tempi, in cui si va a localizzare la vicenda (il fatto è anche spiegato nelle appendici, in cui l'autore afferma che bisogna creare il mondo prima di creare una narrazione, fatto di cui mi sono accorto anche io per la mia scrittura).

Insomma, per me un gran libro, che tutti dovrebbero leggere; certo, alla fine si rivela non facilissimo, ma io credo che questo romanzo sia come una montagna: arduo da risalire, è vero, ma arrivati in cima si ha una soddisfazione gigantesca. Certo, se avete pregiudizi  (mi è capitato di sentire una persona estremamente stupida dire che Eco scrive difficilissimo solo per far vedere quanto è intelligente, accusa assolutamente infondata), questo libro non farà che confermarveli, ma altrimenti, se lo accoglierete con mente aperta, sicuramente ve lo godrete molto!

domenica 13 gennaio 2013

La verità dietro l'inganno

Come promesso un paio di giorni fa, ecco qui dopo un paio di mesi il mio nuovo racconto, anche se spero che da qui in poi riuscirò ad essere costante ed a postare più spesso dei racconti. Visto che l'ultimo è piaciuto a poche persone (anche se per me continua ad essere tra i migliori che abbia scritto), ho deciso di cambiare totalmente per questo, e sono tornato alla fantascienza. Ho così scritto un raccontino di ispirazione cyberpunk su un fenomeno già presente al giorno d'oggi e a cui ho dedicato già dei post, il complottismo (sperando che la teoria da me inventata non diventi davvero una delle loro teorie!), abbastanza ispirato a Matrix (anche se ho cominciato a scriverlo a fine Novembre, quindi ben prima della riproposizione in tv); oltre a ciò, spero che vi piaccia. Ah, e il prossimo racconto spero di postarlo entro la fine del mese!

La verità dietro l’inganno

Ogni uomo pensante che sia mai esistito sulla faccia della Terra, prima o poi nella propria vita si è posto determinate domande esistenziali. “Qual è il mio scopo?” “Perché il mondo è così com’è?” “Cosa c’è dopo la morte?”, tutte questioni presenti nella mente umana praticamente da sempre. Tra queste domande filosofiche, una delle più antiche, e sicuramente delle più importanti, era: “ma il mondo è effettivamente la realtà? E se tutto fosse solamente un’illusione?”. L‘interrogativo era insito nell’uomo sin dai primi secoli di filosofia greca, ma tra le tante questioni era sicuramente quella meno insicura: seppur la scienza non possa dare certezze definitive in alcun caso, era abbastanza assodato che quel mondo doveva in qualche modo esser vero, visto che funzionava per tutti con le stesse regole. Ciò nonostante, all’alba del ventiduesimo secolo vi era ancora chi, non confidando in ragione e scienza, tentava ancora di trovare al quesito una risposta alternativa.

Accadde, in quel periodo, che nel mondo venisse alla luce una nuova organizzazione, il Movimento della Verità (anche detto MDV), una specie di setta chiusa dal carattere non tanto religioso quanto più squisitamente filosofico. Il dogma cardine su cui si basava il movimento era la totale illusorietà di tutta la materialità percepibile, vista come un gigantesco inganno dei sensi; ma ciò non era inteso in qualche senso metafisico o trascendente, bensì in una maniera molto più concreta. Secondo le credenze del MDV, infatti, l’ambiente che ognuno poteva sperimentare non era che realtà virtuale, nient’altro che una simulazione generata da un enorme e potentissimo computer, nel cui spazio gli uomini trascorrevano la totalità della propria esistenza, senza sapere cosa vi fosse all’esterno; nel mentre, invece, erano solo resi schiavi da un piccolo gruppo di persone estremamente bramose, il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale, il cui unico subdolo scopo era il potere assoluto su tutte le menti dell’umanità. Gli appartenenti al movimento sostenevano inoltre di conoscere questa realtà essendo riusciti, con un procedimento segreto, a staccarsi dalla macchina che generava la realtà virtuale (per poi tornare collegandosi in maniera clandestina), e di aver potuto vedere il mondo vero, quello in cui essi, come ribelli, dovevano continuamente sfuggire alle spietate armate robotiche del Nuovo Ordine Mondiale (il quale se nel mondo ingannevole era strisciante e occultato, di là era totalitario ed esplicitamente spietato), rischiando di continuo la vita. Eppure essi seguitavano imperterriti nel loro proposito, mossi a loro dire dalla volontà di far aprire gli occhi a tutta l’umanità, la quale doveva liberarsi dalla prigionia di quella mistificazione digitale e incominciare a vedere ciò che era veramente reale. Gli indizi di quanto affermavano, dicevano i Veritiani, erano sotto gli occhi di tutti, non serviva l’iniziazione al movimento (la quale distaccava il corpo dal computer nella vera realtà, consentendo il primo viaggio) per vederli, bastava la semplice perspicacia: tutti i complotti avvenuti nel mondo, infatti, erano stati orchestrati dal Nuovo Ordine Mondiale, che li aveva predisposti allo scopo di non farsi smascherare. Eppure quelle cospirazioni lasciavano tracce, certo impercettibili ma che una mente sveglia poteva cogliere: e così, tutte le vecchie teorie complottiste dei due secoli precedenti venivano riciclate in una nuova salsa. L’uomo non è mai andato sulla Luna? Ovvio, perché simulare l’ambiente lunare ed il viaggio avrebbe richiesto troppe risorse al calcolatore pur immenso che generava la realtà, meglio falsificarla in studio. L’omicidio Kennedy? Con ogni probabilità il presidente americano voleva rivelare l’esistenza del Nuovo Ordine Mondiale, ed è per questo che fu assassinato. L’undici settembre duemilauno? Semplicemente una messa in scena per distruggere psicologicamente chi credeva in un progresso continuo ed in un mondo migliore (idea che poi avrebbe inevitabilmente portato alla scoperta ed alla liberazione da quel sistema di controllo mentale) provenendo dai felici anni novanta del novecento, tra l’altro mal riuscita avendo lasciato un sacco di errori nel proprio svolgimento. Seppur questo corpus di idee fosse irrazionale, illogico ed estremamente contraddittorio (nonché, per giunta, in buona parte ispirato ad un film di fantascienza vecchio di un secolo ma ancora piuttosto famoso), molti lo ritennero decisamente affascinante, tanto da arrivare, col tempo, a credervi senza alcun lavaggio del cervello (che non fosse autoimposto, almeno) e senza nemmeno un grande indottrinamento: così, in breve tempo, il Movimento della Verità crebbe moltissimo in proporzione, arrivando in qualche anno a contare venti milioni di iscritti, presenti in ogni paese del mondo.

Visto tutto il risalto conseguito a livello mediatico, presto anche il mondo della scienza cominciò ad interessarsi al fenomeno del MDV. Le prime ricerche eseguite furono di carattere sociale e psicologico: ai pochissimi membri che si presentarono volontari, fu posto un semplice test della verità, prima in modalità cosciente e poi sotto ipnosi. I risultati furono assolutamente inattesi e stupefacenti: tutti gli intervistati affermavano a grandi linee le stesse cose di ciò che avevano vissuto e sperimentato nel “mondo reale” risultando assolutamente sinceri, in buonafede: ed era impossibile che, almeno sotto ipnosi, qualcuno potesse essere tanto abile da riuscire a non mentire. Tali risultati divisero l’ambiente della ricerca in due parti: c’era chi, venendo meno al buonsenso, cominciò a pensare che forse le teorie dei Veritiani non fossero poi tanto assurde, ed anzi che fossero da indagare a fondo, per scoprire qual’era l’universo reale (ed alcuni dei più estremi di questa branca finirono per iscriversi al MDV anch’essi); l’altra fazione (maggioritaria, ma poi di poi tanto), sosteneva invece che l’origine di quel fenomeno fosse, invece che nella realtà fisica, sempre psichica, e che le cause andassero ricercate approfondendo ancora gli studi sugli appartenenti all’organizzazione. Eppure, entrambi le parti furono deluse e frustrate nella loro ricerca: per quanto riguarda la prima, tutti i tentativi di accedere alle tecnologie e ai metodi usati dai Veritiani per acquisire il loro bagaglio di nozioni si erano rivelate inutili. Quelle conoscenze erano infatti ad esclusivo appannaggio delle misteriosissime alte sfere del Movimento (persone sconosciute, che parlavano al mondo solo attraverso portavoce), le quali si giustificavano affermando di dover mantenere tale riserbo per evitare che il Nuovo Ordine Mondiale potesse mettere, anche in maniera accidentale, le mani su quei segreti, e poter di conseguenza prendere le contromisure adatte ad annientare definitivamente l’organizzazione. Perciò, chiunque volesse acquisire quelle informazioni, semplicemente non poteva farlo, nemmeno entrando a far parte del Movimento; ai loro opposti, però, non andò certo meglio. Infatti, uno dei principali dogmi Veritiani era che la medicina (di qualsiasi tipo) fosse uno strumento del Nuovo Ordine Mondiale per il controllo delle menti: in quel mondo infatti non si poteva morire di malattia, essendo appunto simulato, i falsi morbi erano invece inflitti dal calcolatore centrale alle menti che mostravano segni anche soltanto preliminari di atteggiamenti che poi potevano sfociare nella ribellione verso il sistema di controllo: attraverso i farmaci assunti in conseguenza, quindi, le menti si indebolivano, e gli uomini divenivano più mansueti e manipolabili, meno inclini perciò a mettere in discussione l’ordine precostituito. Inoltre, la proibizione verso la medicina si era fatta col tempo sempre più stringente: ecco quindi che in quel tempo non si trovò nessun volontario per i test; né ovviamente si poteva costringere nessuno a proporsi contro la propria volontà.

Passarono gli anni, ed il Movimento acquisì sempre più fama, oltre anche ad una certa dose di potere. In molti, ritenendolo un gruppo molto pericoloso, una minaccia per la libertà, provarono a contrastarlo tramite azioni legali volte a dimostrarne l’illegalità e l’illegittimità, ma invano: non solo essa veniva riconosciuta inesorabilmente come legittima, ma non si ravvisava in essa alcun rischio. Il principio di tolleranza allora in voga quasi ovunque rispettava ogni singola idea immaginabile, quando invece la vera tolleranza, come si sarebbe poi capito di lì a poco, è sì accettare tutto, eccettuando però l’intolleranza e più in generale tutto ciò che tale tolleranza minaccia. Ma allora non ci si era ancora arrivati, ed ecco quindi che l’organizzazione poté proseguire per la propria strada tranquilla, senza che nessuno riuscisse a contrastarla per lungo tempo.

All’alba del 2107 la situazione pareva statica, ma tutto stava invece per mutare irrimediabilmente. La premessa del cambiamento ebbe luogo a Gothenburg, in Svezia, in una piovosa giornata di fine Aprile: un serial killer particolarmente sfuggente, che precedentemente aveva già tolto la vita a dieci giovani ragazze, mieté una nuova vittima, questa volta però appartenente al Movimento. L’autopsia, eseguita a fini criminologici, non diede alcun risultato ai fini delle indagini, come del resto avvenuto nelle altre volte, in quello spinoso caso; in compenso, tuttavia, rivelò qualcosa di anomalo nel fisico della giovane, una grossa massa metallica, conficcata nella parte più interna del cervello. Purtroppo, essendo di lì passato uno degli oltre cinquanta colpi di pistola che l’assassino, nella sua malata frenesia omicida, aveva inflitto alla propria vittima, non era stato possibile determinare la natura di quell’accumulo, ma era chiaro che non si trattava di qualcosa di naturale; e dalle ricerche che seguirono, non sembrava nemmeno qualcosa di patologico, anzi la donna sembrava esser stata in perfetta salute prima dell’omicidio. Uno dei medici legali ebbe allora un’intuizione: poteva esistere una correlazione tra l’appartenenza al MDV della vittima e quella anormalità? Eppure, non vi era modo di sondare più a fondo quella questione, vista la ben nota reticenza del Movimento a sottoporsi a esami clinici; o almeno, non esisteva una via legale. Un pool scelto di studiosi, infatti, decise di muoversi in segreto per risolvere finalmente l’arcano: così, di nascosto, essi si recarono in alcuni cimiteri, sparsi un po’ ovunque in tutto il pianeta, riesumando e portando via i pochi cadaveri di Veritiani che vi si potevano trovare (e che, per rifiuto della medicina anche dopo la morte, avevano espressamente desiderato di essere seppelliti senza nessun esame postumo). Seppur i contenuti delle ricerche che ne seguirono rimasero strettamente top secret, gli scienziati protagonisti riuscirono a creare una certa aspettativa verso di essi all’interno dell’ambiente scientifico, grazie a dichiarazioni roboanti sul portare finalmente la luce sui Veritiani e sulla loro realtà (le quali causarono anche la furiosa agitazione del movimento): così, quando la data della “rivelazione” venne annunciata, l’attesa era asfissiante, ed enorme era la curiosità di scoprire, una volta per tutte, qual’era la verità.

Era molto caldo in quel giorno di metà giugno del 2110, quando la conferenza stampa, tenuta simbolicamente a New York (il “centro del mondo” di quei tempi), iniziò. Era una videoconferenza in diretta da un posto sperduto ed ignoto: non si poteva infatti rischiare di lasciar interrompere quella “rivelazione” solo per la poca legittimità di alcune delle azioni del pool, o peggio per una rivolta dei Veritiani più fedeli alla causa. All’ora prestabilita, il relatore del pool apparve negli schermi e cominciò ad esporre, passo a passo, quei tre lunghi anni di studi. Dopo l’episodio accaduto in Svezia ed il dissotterramento dei cadaveri, si era infatti scoperto che tutti quanti, nello stesso punto del capo, possedevano il medesimo oggetto: e, quando lo si era estratto, esso si era rivelato un ingegnoso nano-ricettore radio, collegato ai centri della coscienza ed alimentato dall’energia chimica cellulare. Consulenze incrociate con informatici ed esperti di comunicazioni radio permisero di determinare un fatto sbigottente: quel dispositivo, in pratica, riusciva a trasmettere nel cervello in cui era ospitato degli impulsi, i quali escludevano tutti gli altri provenienti dall’esterno; quindi, ritrasmetteva il segnale radio che riceveva, il quale, interagendo con il resto dell’encefalo, veniva interpretato come vera e propria esperienza reale dall’ignaro possessore. Ecco dunque spiegate le affermazioni degli adepti del MDV semplici, i quali erano assolutamente onesti parlando di un “mondo di là”! Si ipotizzò poi che nelle strutture del Movimento vi dovessero essere attrezzature che fungevano da comando, o che addirittura vi fossero dispositivi portatili per attivare il ricettore, ed era quello il modo in cui i Veritiani andavano e tornavano da quella realtà; la quale però, si concluse, era proprio l’effettiva simulazione, mentre ad esser vero era invece, molto banalmente, il mondo di tutti i giorni.

Dopo la conferenza, si scatenò un putiferio, ed in una reazione a catena inarrestabile, vennero svelati tutti i segreti del Movimento della Verità. Innanzitutto, si scoprì che anche gli Ufficiali, gestori delle strutture veritiane, coloro che insomma iniziavano gli adepti, agivano in buonafede, come si svelò subito: il rituale prevedeva infatti, come primo passo, l’ingestione di una pillola, che sarebbe dovuta servire, nelle intenzioni, ad aprire la mente per iniziare a liberarsi dai vincoli della macchina per il controllo mentale: in essa invece vi era solo un nano-robot biodegradabile, che in breve, attraversando la circolazione sanguigna, arrivava nel cervello per poi depositarvi il ricettore e collegarlo con i centri nervosi, prima di dissolversi nel nulla; quando poi si attivava il comando, che si credeva scollegare l’uomo dalla macchina (in realtà attivava solo l’apparecchio), esso era già in posizione. E così, credendo di aiutarli, gli ignari Ufficiali non facevano altro che piazzare il dispositivo in testa ai loro compagni, con cui essi poi, recandosi nelle strutture, si collegavano alla simulazione. Essa poi era poco più di un sofisticatissimo videogioco, online e simultaneo: c’erano i nemici del Nuovo Ordine Mondiale, e si doveva sempre sfuggirgli, anche se nulla era reale, ed infatti le ferite non erano, guarda caso, mai mortali. Dopo aver scoperto questo inganno, che prefigurava un’enorme quantità di reati, il principio di tolleranza venne meno: di conseguenza, dopo una breve inchiesta, si riuscì a smantellare l’organizzazione ed a individuarne i capi, che vennero presto tratti in arresto, grazie ad una collaborazione tra nazioni mai vista prima. In carcere, essi confessarono il movente che li aveva spinti a mettere in atto il loro imbroglio: non erano motivi di potere oppure di controllo, bensì una ben più prosaica causa pecuniaria. Infatti, essi si rivelarono essere un gruppo di persone con molto talento per l’informatica e l’elettrotecnica, unitisi al solo scopo di acquisire ricchezze; per questo si erano cominciate a propagare le idee sulla realtà, solo per poter avere un certo numero di adepti a cui poi venderle (e venne fuori, in quel frangente, un altro particolare mai conosciuto prima: per essere Veritiani, bisognava pure pagare un certo importo annuo). Il fenomeno si era poi espanso oltre ogni previsione, ed anche se ciò aveva causato loro un po’ di inquietudine per la pericolosa attenzione di tutto il mondo rivolta verso di essi, si era comunque continuato ostinatamente sulla linea di quel comportamento, fino al momento dello smascheramento.

Il processo ai capi del Movimento della Verita fu rapidissimo, e si concluse nel giro di pochi mesi. Gli imputati, seppur condannati per truffa, falsità, procurato allarme e molti altri capi lievi, vennero però scagionati dalle accuse più gravi, quali terrorismo e cospirazione. Eppure, la maggior parte degli ormai ex-Veritiani fu alquanto scontenta dei verdetti: nonostante le affermazioni degli accusati sulle proprie motivazioni furono sempre coerenti e costanti, e per giunta furono corredate da una lunghissima serie di appunti, messaggi e di altre prove (tant’è che l’assoluzione dalle imputazioni peggiori di cui essi erano caricati fu piena), comunque tra i vecchi seguaci nessuno ci credeva, ed anzi proprio da loro vennero richieste pene molto più pesanti per coloro che, a loro dire, volevano solo controllare le menti e rendere la gente schiava per la propria brama di conquistare il mondo: essi non erano che l’unico e reale Nuovo Ordine Mondiale esistente! Ciò è la perfetta dimostrazione, se qualcuno ha ancora degli ingiustificati dubbi, che la mentalità paranoide di alcune persone (che siano chiamati pazzi, complottisti o con qualsiasi altro termine si voglia), corredata dal rifiuto per la scienza e la ragione, insomma l’irrazionalità folle, per quanto ci si possa provare in ogni modo, non cambierà mai….