martedì 30 settembre 2014

Blogger e lamentele irragionevoli

Ultimamente mi sono imbattuto, in molti dei blog che seguo, in post in cui il blogger di turno si lamenta del fatto che ormai pochi in Italia seguano blog seri e con post ben argomentati, preferendo invece stupidaggini assolute e contenuti immediati, in cui non bisogna nemmeno fare lo "sforzo" di leggere, non troppo a lungo, almeno; a volte a tale post segue addirittura l'annuncio della chiusura del blog in questione. Nel mio piccolo, non posso che essere d'accordo pienamente con loro: purtroppo il livello culturale medio nel nostro paese è drammaticamente basso, e chi parla di argomenti anche solo di poco elevati molto difficilmente riuscirà a raggiungere un pubblico vasto (dove con ciò si intenda qualcosa al livello dei siti mainstream che trattano, per esempio, il gossip). La situazione è difficile per tutti noi, insomma, e quindi credo che questo tipo di protesta sia non solo ragionevole ma condivisibile in toto.

Dall'altra parte, però, nella maggior parte di questi post le lamentele non si limitano al "non-lettore" medio di blog, ma si estendono anche a chi il blog lo legge, anche assiduamente: il problema diviene perciò non che vi siano poche persone che leggono, ma proprio il fatto in sé di avere pochi lettori. Messa così, sembra quasi la stessa cosa, ma in realtà una differenza c'è, seppur molto sottile: dalle parole di molti blogger a me personalmente sembra trasparire infatti, sottinteso, un certo senso di insoddisfazione verso il proprio pubblico, che viene visto come insufficiente e quindi in qualche modo poco valido. Forse gli stessi blogger non si accorgono di fare ciò, e la cosa non è assolutamente intenzionale: almeno a livello inconscio, però, è così che appaiono, almeno a me.

La cosa poi si fa ancora più esplicita quando negli stessi post si lamenta il fatto che ad un numero anche molto alto di visite corrisponde un numero sempre piuttosto contenuto di commenti sotto al post e di condivisioni sui social network, e che sarebbe meglio che tutti, invece, commentassero e condividessero. Come nella questione precedente, da una parte chi fa questo ragionamento ha anche ragione: tuttavia, mi pare un po' assurda la pretesa che sia dovuto qualcosa da un proprio follower, che è tale proprio perché, nella sua libertà d'azione, sceglie di seguire un determinato blog. In particolare, ci sono moltissimi motivi per non commentare un post (mancanza di tempo, poca voglia di scrivere in pubblico, misantropia), ma quello che di solito frena me personalmente è proprio il fatto che i blog che seguo sono molto argomentati: mentre una foto la si può commentare con una faccina o con quattro parole, spiegazioni molto lunghe e ben motivate mi portano a voler rispondere con commenti altrettanto profondi ed argomentati, e non sempre ho la voglia (o il tempo) per farlo. Il frangente condivisione è più difficile da spiegare, per me che spesso condivido i contenuti che più mi interessano su Facebook, tuttavia quale che siano i motivi il fatto principale è uno solo: mi sembra assurdo che uno per leggere un post su un blog debba essere obbligato a compiere determinate azioni, o anche soltanto la discriminazione tra utenti "virtuosi" che commentano e condividono ed utenti "di serie B" che invece leggono e basta, se non altro perché mi pare una mancanza di rispetto per buona parte del proprio pubblico.

Il fatto di gran lunga più assurdo è però un altro, dal mio punto di vista\. Fin'ora non ho accennato a nessun blogger di preciso e del resto non ho intenzione di farlo, ma sapete chi sono quelli che nelle scorse settimane hanno scritto questi post? Sono blogger tutto sommato piuttosto famosi, almeno nell'ambito del blog letterario/culturale, il cui "scarso successo" è quantificabile in parecchie centinaia di visite ed in qualche decina di commenti e di condivisioni per ogni singolo post. Ora, io mi chiedo: ma se queste persone si lamentano di quanto i propri risultati siano scarsi, io che dovrei fare? Dovrei farmi esplodere in un attacco kamikaze nella sede di Blogger.com? Di fatto i miei post qui ricevono massimo una decina di visite ciascuno, mentre le condivisioni altrui sono rare e i commenti praticamente inesistenti; un po' meglio va su Heavy Metal Heaven, anche se comunque più di una trentina di visite non arrivano a meno di eccezioni, per non parlare di condivisioni e commenti, nuovamente non pervenuti. Avrei perciò molte più ragioni dei blogger di cui parlo di lamentarmi dei miei fan, ma non l'ho mai fatto né ci penso nemmeno a farlo. In parte ciò è dovuto al fatto che so bene che in ogni lavoro a contatto con il pubblico la prima regola è sempre "mai insultare il cliente", ma soprattutto al fatto che io non mi sento scontento dei miei pochi lettori, proprio per niente. Certo, preferirei avere più fan, e mi farebbero piacere più commenti e più condivisioni, ma di sicuro non sono scontento di come è la situazione: se un fan mi visita ma non commenta e non condivide, comunque sono contento che mi abbia visitato; se ho poche visite, invece la colpa è in parte mia, che ho fatto poco lavoro dal punto di vista del "marketing" e della promozione, ed in parte della situazione culturale che citavo all'inizio, ma in ogni caso non è mai colpa dei miei lettori, tanto pochi quanto preziosi (e che colgo anzi l'occasione per ringraziare).

Da una parte, io riesco a capire la frustrazione e l'abbattimento che portano i blogger a queste uscite, ogni tanto coglie anche me quando vedo che post a cui ho lavorato molto (come questo, che è uno dei più elaborati ed anche importanti mai apparsi qui) hanno un successo sproporzionatamente basso; dall'altra parte però non riesco proprio a capire perché farne una questione di stato e soprattutto lamentarsene in pubblico, rischiando di allontanare anche lettori, per giunta. Non voglio fare appelli di nessun genere (anche perché, come già detto, nessuno legge, quindi è inutile), ma comunque spero che prima o poi questi blogger si rendano conto che i loro discorsi, per quanto giustificati, sono comunque irragionevoli, oltre che comunque sgradevoli per molti fan. Questa è la mia idea.

martedì 23 settembre 2014

Per assurdo, il seccesionismo

E va bene, il referendum per separare la Scozia dall'Inghilterra, lo scorso giovedì, non è andato a buon fine, ma ciò non imlplica che qualcosa del genere non lo si possa fare anche qui da noi, in centro Italia, per staccarci da Roma. Vorrei proporre  quindi un referendum per creare un nuovo stato, che comprenda le regioni del centro che funzionano meglio, ossia Marche, Umbria, Abruzzo e Molise. Però, dall'altra parte, c'è anche da dire che in Abruzzo, per la ricostruzione de L'Aquila, ci sono state infiltrazioni mafiose, quindi non li vorrei nel mio nuovo stato; allo stesso modo, il Molise... beh, è la regione per antonomasia che nessuno sa che cosa è, quindi via anche lui. Allora, arrivati a questo punto via anche l'Umbria, il fatto che Perugia sia stata designata come la capitale italiana della droga non mi piace tanto. Quindi, nuova idea: Marche stato libero... ovviamente però senza la provincia di Pesaro, che quelli sono più romagnoli che marchigiani, e pure senza quelle di Macerata e di Fermo, col loro accento da contadini buzzurri; togliamo anche Ascoli Piceno, allora, che stanno laggiù in fondo e chi li ha mai visti? Il nuovo stato comprenderà perciò solo la provincia di Ancona... però facciamo senza la zona costiera, che è piena di prostitute (e poi il mare non mi piace); togliamo anche Jesi, dove la viabilità è deleteria (e poi Valentina Vezzali mi è antipaticissima) e poi Fabriano, dove fanno la carta moneta, quindi sono al servizio dei politici italiani (complotto!). Anche i paesi limitrofi li togliamo, perché si, perciò si farà così: solo il mio paese, Serra San Quirico, diventerà una città-stato! Ah, però mi viene in mente che a Serra non sto simpatico a molte persone, quindi direi di restringere ancora di più il campo: il nuovo stato comprenderà quindi i pochi ettari dei terreni della mia famiglia, e la popolazione saranno le cinque persone che compongono la famiglia. Però... se ci penso, anche con loro ogni tanto litigo, quindi ecco l'idea definitiva: il nuovo stato sarà la mia sala prove nel giardino, e la popolazione sarà composta da una persona... me!

Se portando all'estremo in questa maniera il discorso sul seccessionismo il risultato è paradossale, nella mia personale visione del mondo anche l'idea in sé di seccessionismo è altrettanto assurda. Non entro nel merito della questione scozzese, anche perché in fondo sono quasi del tutto ignorante in materia, il ragionamento che vorrei fare è più generale, filosofico se si vuole: in un periodo come questo, in cui non solo la nostra democrazia occidentale (ok, l'Italia è un caso particolare di democrazia, ma consideriamo meglio gli stati esteri) ma anche la nostra stessa esistenza come razza umana è sempre più in pericolo, dovremmo unirci ed arrivare a sviluppare una nuova forma di rispetto e di tolleranza, che col tempo possa superare ogni forma di discriminazione, e rendere le persone più consapevoli dell'esistenza del prossimo e dei pericoli che tutti corriamo. Non sono così ingenuo da credere che un giorno ogni conflitto potrà venire meno, in quanto il conflitto è connaturato all'umanità, ma penso comunque che si possa arrivare un giorno ad un mondo in cui tutti (o quasi), più razionali e consapevoli, riusciranno ad agire per il bene comune, in unità d'intenti. Il mondo sembra però andare invece proprio nel senso opposto, e così ancora nel 2014 si vogliono creare ancor più confini, ancor più separazioni, ancor più discriminazioni. Questo non è soltanto sgradevole, è anche estremamente pericoloso, viste appunto la crescente minaccia che grava su di noi: spero che, prima o poi, l'umanità apra gli occhi sulla situazione in cui si trova, ed abbandonando concetti non solo irrazionali ma totalmente dannosi come religioni, razze umane e nazionalismi, riesca finalmente a vivere più unita. Mera illusione? Forse, ma chi può dirlo?

martedì 16 settembre 2014

"Imperial" di Alessandro Girola

Forse qualcuno tra voi si ricorderà del concorso Distopie Impure, a cui ho partecipato e che alla fine è stato annullato. Nonostante quell'evento ho comunque continuato (e continuo tutt'ora) a seguire Plutonia Experiment, il blog gestito da Alessandro Girola, organizzatore del concorso, nonché scrittore anche piuttosto affermato, almeno livello di underground. Data la poca fiducia (sbagliata, probabilmente) che nutro nei confronti del self publishing, fino a poco tempo fa di questo autore, che pubblica quasi esclusivamente su Amazon, non avevo letto nulla: quando però sul suo blog lo stesso Girola ha annunciato l'offerta del suo romanzo breve Imperial gratis, non avendo nulla da perdere e da spendere (si, lo so, sono un tirchione) l'ho acquistato. Prima di cominciare a parlare del libro, credo siano necessarie un parlo di premesse: la prima è che nonostante, come avrete capito, ci sia rimasto molto, molto male per l'amaro finale di Distopie Impure, non ho certo scritto questa recensione per sfogare il rancore o per qualche forma di vendetta; se siete perciò a caccia di recensioni cattive e taglienti (nessuna vergogna, a me capita spesso di farlo), questa non è ciò che fa per voi. Seconda puntualizzazione: io non sono un grandissimo lettore del genere horror (se vi dicessi quale grande autore del genere mi ha annoiato a morte, mi uccidereste), quindi questo articolo non ha alcuna pretesa di essere oggettivo, o di rappresentare l'opinione di un esperto.

Questa la trama riassunta in breve (come sempre, da qui spoiler alert). Il protagonista Jacopo ha una vita piuttosto squallida: dopo un divorzio alle spalle con una moglie fedifraga e la fine del suo sogno professionale di reporter di viaggio in Asia, ora egli lavora come telefonista per un azienda di succhi di frutta, vivendo ogni giorno uguale all'altro, senza quasi prospettive. Una notte, però, di ritorno dal lavoro sulla statale 36, si imbatte in una macchina che non si incrocia spesso sulle strade italiane, una Chrysler Imperial gialla del 1993, e per curiosità la segue finché non scopre qualcosa al di fuori dall'ordinario: accostatasi ad una prostituta, l'auto la fagocita, catturandola con degli strani tentacoli. Sconvolto da quello che ha visto ed anche dalla consapevolezza che a sua volta la macchina lo ha individuato, ma anche incuriosito e voglioso di un diversivo nella sua vita, Jacopo comincia a fare delle ricerche, che lo portano a trovare vecchie storie di partigiani su un carro blindato tedesco spiritato durante la seconda guerra mondiale e riferimenti alla leggenda mitologica della caccia selvaggia; in principio, accoglie tutto con un giustificabile scetticismo, ma man mano che va avanti con la sua ricerca, comincia a crederci. Scoperto il proprietario dell'automobile, si introduce nella autorimessa da lui gestita, ma è un passo falso: questi infatti lo scopre e si rivela sin da subito una minaccia. Succede però a questo punto che l'auto, che si è scoperto avere una volontà propria e poter parlare, uccide il carrozziere: la tenacia dell'ex giornalista l'ha infatti colpito, e lo vuole perciò come nuovo pilota. Jacopo accetta, ma non si fida dell'Imperial: scoperto accidentalmente il suo punto debole, molto banalmente il sale, riesce a portare la macchina in un impianto termale con una sala fatta interamente di tale sostanza, che la indebolisce ma non la sconfigge del tutto; a salvare l'ex giornalista dalla furia della creatura sarà però l'apparizione della vera caccia selvaggia, che finalmente scaccia dal mondo tale presenza demoniaca. (fine della parte di spoiler).

Se la trama insomma è abbastanza fantasiosa e particolare da cogliere l'attenzione, anche lo stile veloce ed incalzante di Girola fa il suo, riuscendo a tenere alta la tensione nei momenti che lo richiedono e rendendo il libro molto scorrevole, fatto tra l'altro favorito anche dalla sua brevità (tant'è che anche io, che di tempo per leggere ne ho avuto molto poco a fine agosto con la gelateria e tutto, ci ho impiegato comunque giusto una manciata di giorni a leggerlo). Dall'altra parte, qualche difetto questo stile lo ha, come una prima parte meno "mostrata" e più "raccontata" del resto, o qualche scelta di termini un po' astrusa (per esempio il termine tecnico "pseudopodi" come sinonimo di "tentacoli" è una scelta un po' spiazzante), ma comunque tutto sommato ciò è piuttosto veniale alle sorti del libro. Oltre a ciò, ho anche apprezzato le piccole citazioni nascoste qua e là (per esempio il riferimento alla Uno Bianca o quello a Sleipnir, il cavallo di Odino, che in pochissimi avranno colto, credo), le quali rendono il tutto più intrigante ed aiutano il lettore ad immergersi nel mondo creato dallo scrittore.

Pur non essendo chissà quale capolavoro, Imperial di Alessandro Girola è comunque un buon libro, eccellente se poi l'intento è intrattenersi per qualche ora con una lettura fantastica o dell'orrore. Personalmente, perciò continuerò a seguire questo autore, e leggerò con interesse gli altri romanzi autoconclusivi che con Imperial condividono lo stesso universo narrativo, sperando di trovarvi qualcosa di altrettanto interessante. 

venerdì 5 settembre 2014

Impressioni di Bubblews

E' da un paio di settimane che, computer in assistenza permettendo, sto mettendo alla prova Bubblews. Bubblews è un social network che al contrario di Twitter privilegia i post lunghi e ben argomentati: il limite minimo, sotto a cui non si può postare, è di ben quattrocento caratteri, ed oltre a ciò vengono messi in evidenza i post scritti in maniera migliore e più competente. La sua caratteristica che spicca di più è però un'altra: a differenza di tutti gli altri social network, le cui società trattengono per sé l'immenso ammontare degli introiti pubblicitari, Bubblews li re-distribuisce in parte tra gli stessi utenti; ciò nella pratica si traduce che ad ogni visita, like o commento che un post riceve, al suo autore viene accreditato un centesimo di dollaro, ed al raggiungimento dei cinquanta dollari ci si può far versare sul proprio conto tale cifra.

Se tutto ciò è ampiamente positivo, Bubblews ha anche qualche difetto: per esempio, il limite superiore dei caratteri è appena 8000 (ma tale limite si può facilmente aggirare dividendo i propri post in più parti), e soprattutto ha qualche limite di funzionamento (forse a causa del fatto che il sito è piuttosto "giovane", cosa visibile anche in qualche malfunzionamento, di tanto in tanto). Inoltre, cosa più importante, a meno di essere una personalità piuttosto famosa in internet (ossia, possedere almeno qualche decina di migliaia di follower su Facebook), è pressoché impossibile vivere "di solo Bubblews": io che non ho un gran seguito sono fin'ora riuscito infatti a mettere da parte poco meno di un dollaro. Poco male, comunque: anche se si guadagna così poco, è comunque estremamente gratificante vedere che la gente legge e a volte mette pure il like su ciò che scrivo, il valore morale di questi gesti supera di gran lunga quello monetario. Per me, che ho sempre pensato che qualsiasi tipo di scrittura, anche quella fatta con la maggiore leggerezza possibile, sia comunque un lavoro e come tale da ricompensare in qualche modo, in questo social network ho trovato un sito che consente effettivamente di farlo, ed è una vera e propria soddisfazione. 

Dopo questa prova, insomma, Bubblews è pienamente promosso, e credo che ci rimarrò molto a lungo, a postare racconti, post vari e recensioni di Heavy Metal Heaven. Che altro dire: se anche voi avete un account sul social network, "followatemi", trovate il mio account a questo indirizzo (metto il link anche qui a lato, tra gli "altri progetti"); se invece non siete su Bubblews, ma  vi piace quello che scrivo, comunque fate un click sui post che ci sono, e mi ricompenserete non solo con un centesimo di euro, ma anche con la gioia di essere valorizzato un pochino. Grazie a tutti!