martedì 23 febbraio 2016

Scrittura, puzzle e cucina

Giovedì scorso, nel suo post "Scrittura e Mandala - la mia terza fase", Chiara Solerio di Appunti a Margine ha parlato della sua nuova passione per i Mandala, e di come sia legata anche alla sua attività letteraria. Era una bella idea, e visto che Chiara stessa ha lanciato l'argomento come meme, ho deciso di raccoglierlo.

Ho provato a tracciare un parallelo tra la mia scrittura e altri due hobby che pratico ogni giorno: la cucina e i puzzle. La prima è una passione recente, anche se probabilmente ce l'ho nel sangue: pure mio padre ama cucinare, e da giovane l'ha fatto in maniera ben più professionale di me, essendo stato chef. Da qualche anno anch'io mi diletto, e praticamente cucino ogni giorno, a volte sia a pranzo che a cena. La mia specialità sono la pasta e i sughi per condirla: è questo che faccio più spesso, ed è in questo ambito che ho più confidenza.

Quello dei puzzle invece è un passatempo antico, che praticavo già da bambino. L'ho lasciato andare per qualche anno durante la mia adolescenza, ma poi ho ripreso, e oggi non c'è giorno, o quasi, che non dedichi almeno qualche minuto a questa attività. Mi piacciono in particolare i puzzle artistici, che raffigurano famose opere di pittura. A casa ne ho moltissimi già finiti e appesi alle pareti, ma di sicuro non mi fermo qui: ogni volta che ne finisco uno ce n'è sempre un altro che mi aspetta.

Riflettendo su entrambe le attività, ho scoperto che si possono tracciare diverse caratteristiche in comune con la scrittura. Analizzando per prima la cucina, i punti di contatto sono:
  • Sperimentazione: ci sono giorni in cui cucino piatti classici, ma altre volte lascio da parte le ricette e provo a inventare qualcosa di nuovo. Lo faccio sicuramente per stupire e per dimostrare la mia bravura, ma soprattutto perché voglio creare qualcosa di nuovo e unico. Entrambi i punti valgono anche per la mia attività letteraria: forse non sarò un gran sperimentatore in quest'ambito, ma cerco comunque di meravigliare i miei lettori. Di sicuro non voglio scrivere storie banali: provo, per quanto possibile, a rifuggire i cliché (o a giocarci senza caderci). Voglio creare testi diversi, anche se forse non sempre mi riesce. Tutto questo lo faccio senza però esagerare: come in cucina so di non dover mescolare gusti troppo differenti tra loro, scrivendo so che ci sono dei limiti da non superare, se non si vuole fare un disastro. Creatività, quindi, ma senza ignorare il buon senso.
  • Intuito: nelle ricette dei libri e in quelle online si trovano una miriade di regole: quanto tempo deve cuocere un alimento, quanti grammi per tot persone, e così via. Sono indicazioni sicuramente utili, ma spesso non le tengo in conto: di solito infatti preferisco affidarmi all'intuito. Quindi, non tengo sul fuoco una pentola esattamente per la durata prevista dalla ricetta: se la vista e il gusto mi suggeriscono di tenerlo di più o di meno, preferisco farlo che accodarmi alle indicazioni. Ciò avviene anche mentre scrivo: se un passaggio mi suona bene lo tengo, anche se applicando la tecnica in maniera rigorosa dovrei cancellarlo o modificarlo. In entrambi gli ambiti, credo che le regole siano più indicazioni che dogmi assoluti, e che infrangerle con consapevolezza e cognizione di causa può essere a volte più un bene che un male. 
  • Una ricetta che ho creato (e mangiato) giusto oggi: mezze
    penne con funghi, panna e formaggio!
  • Piacere: cucino perché mi piace molto: se così non fosse, se dovessi farlo solo per dovere, non lo considererei nemmeno un hobby. Non solo, però: cucino anche per far piacere agli altri, in particolare alle persone a cui voglio bene. Dare il meglio e creare un prodotto che dia loro piacere attraverso il gusto è infatti una grande dimostrazione di affetto, di cui io sento il bisogno. Allo stesso modo, scrivo perché mi piace, ma anche per dare qualcosa agli altri. Che sia un'emozione attraverso le mie storie o semplicemente una riflessione attraverso il blog, cerco comunque di fare qualcosa di buono. Lo faccio in particolare per i miei lettori. Seppur io ne conosca pochi, visto che la maggior parte è silente e non commenta mai, provo una gran riconoscenza verso di loro, e cerco di dare il meglio. Anche questo è affetto, in fondo.

Allo stesso modo, ho individuato altrettanti punti di contatto tra la mia attività letteraria e la maniera in cui affronto i puzzle:
  • Pianificazione: forse c'è anche chi fa un puzzle partendo da tessere qualunque e mettendole insieme. Io no: preferisco una pianificazione accurata, che porto avanti con un metodo personale. Parto dalla cornice, che realizzo per prima; nel frattempo divido i pezzi per forma. Quando il contorno del puzzle è completo, comincio a riempirla dal basso verso l'alto, aiutato dai vari gruppi in cui ho suddiviso i pezzi. Più o meno è lo stesso con la scrittura: non parto mai da un'idea vaga, penso anzi la storia o il post nei loro punti cardine, prima di stenderli. Questo perché la mia creatività ha bisogno di una traccia su cui muoversi; magari non una struttura rigida, bloccata e senza spazio per la creatività, ma semplicemente un sentiero da arricchire fino ad avere il testo completo. È esattamente come la cornice: non indica la sequenza precisa con cui mettere i tasselli, ma è un grande aiuto nel creare ordine. Comunque sia è capitato in passato anche di cercare di scrivere un post per Hand of Doom semplicemente partendo da un'idea, senza sapere dove andare a parare: il risultato è stato che nessuno di quegli articoli è stato mai terminato. È un po' come fare un puzzle in maniera "anarchica": meno schematico e più libero, forse, ma comunque molto più arduo!
  • Elusione del blocco: spesso mi focalizzo sulla ricerca di un pezzo particolare. Capita per esempio quando in una zona trovo tutti i tasselli tranne uno, e rimane di conseguenza un buco: mi metto allora a cercare il pezzo che lo riempie. Eppure, durante questi momenti di "fissazione" mi capita spesso di mettere a posto altri tasselli, a cui magari non pensavo. Non è difficile, basta giusto rimanere con la mente aperta e non farsi prendere dall'ossessione. In più ha un grande ritorno pratico: invece di perdere tempo solo su un pezzo, col rischio di rimanere fermo per ore, riesco così a progredire. Un comportamento simile lo adotto anche per la scrittura: se su un racconto o un articolo non so come andare avanti, passo a scrivere qualcos'altro, su cui ho le idee più chiare. Non solo impiego meglio il mio tempo rispetto a quanto farei se mi sforzassi di scrivere, ma sono anche più sereno. Questo mi consente anche di sconfiggere il blocco più facilmente: tornare sul pezzo "incriminato" con tranquillità è un toccasana, da questo punto di vista. È una tecnica che uso  spesso, e che mi ha consentito tante volte di essere più produttivo.
  • Il puzzle che sto affrontando attualmente: "Canale Grande"
    del pittore italo-tedesco Friedrich Nerly (1842 - 1919)
  • Pazienza: i puzzle che ricostruisco io hanno mille, duemila, tremila pezzi. Di conseguenza, risolverne uno non è una questione breve: per i soggetti più semplici, ci vogliono comunque alcune settimane, per non parlarne di alcuni particolarmente ardui, che mi hanno impiegato molti mesi. Per farlo, cerco sempre di avere molta pazienza. Di solito mi riesce, anche se ci sono momenti in cui mi agito, e vorrei avere tutto e subito. Ciò però è controproducente: quando ho fretta, paradossalmente, procedo più lentamente di quanto affrontò il puzzle con calma. È esattamente lo stesso per la scrittura, specie di contenuti complessi e lunghi: di solito vado avanti piano piano, con pazienza, e riesco a esprimermi al meglio. A volte però mi faccio prendere dall'angoscia di terminare, e allora procedo a rilento. Forse qui c'è una piccola differenza: sono più ansioso per il mio romanzo che per il puzzle. Nell'ultimo periodo però cerco di usare la stessa concentrazione (oltre a una sana dose di rabbia verso il mondo, come ho scritto qualche settimana fa), e i risultati si vedono. 

Certo, poi in entrambi i casi ci sono anche forti differenze. Per esempio, un piatto sparisce nel giro di pochi minuti, mentre un libro o un post di blog può lasciare emozioni più durature. Allo stesso modo, mettere pezzo dopo pezzo in un puzzle è un lavoro di abilità, e non richiede certo il livello di introspezione e di riflessione che scrivere. Eppure, probabilmente le similitudini sono di più: forse ce ne sono persino altre, che non ho raccolto perché si muovono nel campo dell'inconscio. Del resto, è ovvio che il mio carattere influenza non solo la mia scrittura ma tutto quel che faccio. E chissà in quante altre cose che entrano nel mio quotidiano, con un po' di riflessione, potrei trovare caratteristiche comuni con la mia scrittura!

La domanda: anche tu riesci a tracciare parallelismi simili tra la tua scrittura e altri tuoi hobby? Se vuoi puoi rispondere proseguendo il meme di Chiara: è stato divertente farlo per me, chissà che non lo sia anche per te!

4 commenti:

  1. Grazie per la citazione, Mattia! :)

    Leggendo la tua analisi, mi è venuto in mente che anch'io tempo fa avevo fatto un parallelo tra scrittura e cucina, anche se di natura un po' diversa: http://appuntiamargine.blogspot.it/2014/12/le-regole-della-scrittura-come-gli.html. Ricordo che avevo impiegato tantissimo a scriverlo!
    Con i puzzle io proprio non riuscirei ad avere pazienza... però quando li vedo completi li trovo bellissimi! :-)

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    1. Grazie per aver linkato quell'articolo: mi sa che all'epoca ancora non ti seguivo, quindi me lo sono perso (se no avrei commentato sicuramente :D !). Mi ritrovo molto sia nella parte di scrittura che in quella di cucina :) .

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  2. Ho provato a tracciare un parallelo tra la mia scrittura e altri due hobby che pratico ogni giorno: la cucina e i puzzle. La prima è una passione ... puzzleparigi.blogspot.it

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    1. Ciao e benvenuto/a su queste pagine :)
      Perdonami, ma purtroppo non ho capito il senso del tuo messaggio: ti spiegheresti meglio, per favore? In ogni caso, ti segnalo che non riesco ad accedere al tuo blog :) .

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