martedì 11 aprile 2017

Perché non ti butti giù?

A parte queste ultime settimane, in cui ho avuto grossi problemi da affrontare, nell'ultimo periodo posso dirmi soddisfatto dal punto di vista della scrittura. Negli ultimi mesi ho infatti completato molti racconti, anche se la maggior parte non li ho pubblicati, né qui né su qualche altra piattaforma. Più che altro invece ho spedito questi testi in giro per partecipare a concorsi o alla selezione di riviste.

Proprio in quest'ultimo caso ricade il racconto di oggi. L'ho scritto per una rivista online ma non è stato selezionato - del resto, non si può sempre vincere, capita di essere scartati. Ho deciso allora di proporvelo: visto però che è un racconto a cui tengo, che è un po' atipico per me e che parla di una tematica scottante come il bullismo, pensavo comunque che potesse essere di vostro gradimento. Non mi resta quindi che augurarvi: buona lettura!

Perché non ti butti giù?

Dopo aver salito gli ultimi pioli, Beatrice si fermò. Rimase per un lungo istante a fissare davanti a sé, con timore crescente, poi prese a muoversi a lenti passi, fino ad arrivare al ciglio opposto della struttura. Con un occhiata misurò i dieci metri che la separavano dal livello del terreno, poi si girò, dando le spalle al baratro.
“Forza, ce la devo fare” si caricò, mentre una serie di immagini cominciavano a scorrere nella sua mente.

Della serata che le aveva cambiato la vita in realtà non ricordava molto. Era il sabato successivo al suo diciottesimo compleanno: per festeggiare, Beatrice era andata in discoteca, e per la prima – e ultima – volta nella sua vita aveva bevuto fino a ubriacarsi. La maggior parte dei suoi ricordi era nebbiosa, ma non l’unico che avrebbe voluto cancellare.
A un certo punto, mentre stava ballando, un ragazzo la avvicinò. Era un tipo carino, elegante e ben pettinato, che le sembrò subito attraente.
«Ciao bellezza!» attaccò. «Ti andrebbe di aiutarmi?»
«Certo, che devo fare?» chiese lei, allegra.
«Ho scommesso cento euro col mio amico qui che avrei trovato almeno una ragazza in questa discoteca che mi avrebbe fatto vedere le tette. Non è che lo faresti tu? Basta solo un secondo, e in cambio ti do dieci euro.»
«Se è per una scommessa, non posso dirti di no.» scherzò lei. Senza pensarci un attimo, sollevò il top attillato che indossava fino a mostrare il seno. Rimase in quella posizione giusto un momento, poi si coprì di nuovo.
Il ragazzo scoppiò a ridere, insieme a qualcun altro a cui lei non aveva fatto caso. Divertita, anche lei si accodò alla risata, poi si girò.
«Se mi dai altri dieci euro ti faccio vedere pure il culo!» scherzò, agitando il sedere e scatenando un altro scoppio di risate.
«Non serve, mi basta così. Grazie mille.» rise il ragazzo, porgendole la banconota da dieci euro.
«Grazie a te per la gentilezza!»
«Ma figurati. Ciao!» chiuse lui, prima di andarsene per la sua strada.

Il giorno dopo, Beatrice si ricordava a malapena di quello che era successo. Così, quando il lunedì tornò a scuola, trovo strano che  alcuni compagni all’improvviso la guardassero in modo strano. Aveva l’impressione che sghignazzassero alle sue spalle.
Dopo aver passato le prime ore stranita, a ricreazione prese da parte Mario, il compagno con cui di solito andava più d’accordo.
«Ho notato che i tuoi amici oggi sono strani. Si può sapere che succede?» gli chiese con tono deciso.
«Beh… ecco…» fece lui, in chiaro imbarazzo.
«Dai, avanti, parla! Perché mi ridono dietro?»
«Beh… credo che sia per il video su internet.»
«Il video?»
«Sì, quello in cui sei in discoteca e fai vedere… insomma… hai capito, no?»
«Cosa?» urlò Beatrice, stridula, mentre Mario si dileguava. Gli tornarono in mente le immagini del sabato precedente: si ricordava solo del ragazzo che le aveva dato i soldi. Non aveva fatto caso che ci fosse un altro insieme a lui, e di certo non che la riprendesse.
“Come è possibile?” si chiese, angosciata.

Passò il resto della mattina in ansia, ascoltando a malapena i professori che spiegavano. Quando l’ultima campanella suonò, raccolse la sua roba con foga e uscì quasi correndo.
Appena arrivata a casa, la prima cosa fu aprire il computer e mettersi alla ricerca. Non impiegò molto: senza pensare alla sua reazione, anche un compagno di classe aveva condiviso il video incriminato, intitolato “puttanella fa vedere le tette per soldi”.
“Dio mio!” pensò Beatrice con sgomento. Senza pensarci, aprì link e si rivide: per il minuto di durata si comportava in una maniera davvero stupida, ma soprattutto si mostrava seminuda.
«No! Non può essere…» gemette. Fece per chiudere la pagina, ma poi si fermò e sgranò gli occhi: il suo sguardo era caduto sulla parte bassa della schermata. Il contatore delle visualizzazioni era già oltre tremila, ma il peggio erano i commenti.
“Ne ho conosciute di zoccole così. Ti dicono che non si danno al primo che passa, ma poi lo fanno con il primo che ha i soldi.“ scriveva Rob Russell
“Che troia! E poi fosse almeno bella: ha pure le tette piccole e brutte.” gli faceva eco BlackKiller89
“Ma non ti vergogni? Cretina!” tagliava corto HP Lisa
“Cagne come te meritano solo di morire. Perché non vai su un palazzo e ti butti giù? Nessuno sentirebbe la tua mancanza, sicuro.” aggiungeva luca_crosser
C’era un'altra decina di commenti più in basso, ma Beatrice smise di leggere. Chiuse di scatto il portatile, poi rimase a fissare il vuoto per un lungo istante, cercando di trattenere le lacrime.
“Perché?” si chiese mentre perdeva la sua battaglia e cominciava a singhiozzare.

Per una settimana rimase a casa senza nemmeno il coraggio di uscire, ma poi tornò a scuola. Sperava che le chiacchiere stessero già scemando e che tutti si dimenticassero di quella faccenda nel giro di qualche altro giorno.
Si sbagliava. Scoprì subito che il video si era diffuso ancor di più, e tutti sembravano prenderla in giro.
A ricreazione, avvicinò di nuovo Mario.
«Senti, riguardo a quel video…» cominciò.
«No, non ne voglio parlare.» la interruppe lui, brusco.
«Ma…»
«Guarda che non voglio nemmeno stare vicino a una come te.» chiuse Mario, quasi con rabbia. Senza riuscire a trovare le parole, Beatrice lo vide allontanarsi per il corridoio. Sconvolta, andò alla ricerca di Giulia, l’amica che l’aveva accompagnata in discoteca.
«Senti, ho bisogno di parlare con qualcuno.» esordì quando la trovò.
«Vorrei, ascoltarti, ma…»
«Ma cosa?» fece lei. Stava cominciando a innervosirsi.
«Ne parliamo dopo. Magari vengo a casa tua, ma ora non me la sento.»
«Ma perché?»
«Beh, girano delle voci. Alcuni dicono che dopo il video ci hai preso gusto e sei diventata una… poco di buono, ecco. Non sei venuta a scuola per una settimana perché stavi “lavorando”. Alcuni dicono addirittura che nel farlo ti sei presa qualche malattia e che sei contagiosa, quindi bisogna stare alla larga da te.»
«Oh cristo! E tu ci credi?»
«No, ma non voglio che comincino a prendere in giro anche me. Mi spiace, Bea, spero che tu capisca.»
«No, non capisco, so solo che ho bisogno di te adesso!» alzò la voce Beatrice.
«Scusami.» sospirò Giulia alzando le spalle, prima di allontanarsi. Beatrice pensò ai peggiori insulti, ma lo sgomento era troppo: non fece altro che fissarla in silenzio mentre se ne andava, lottando di nuovo contro le lacrime.

Quello stesso pomeriggio trovò il blog della persona che aveva caricato il video. Era un sito generalista, con tanti video stupidi e un sacco di post sgrammaticati. A lei sembrava la fiera del futile, ma non tutti la dovevano pensare come lei, visti i tantissimi commenti sotto a ogni articolo.
Dopo un po’ di ricerca, trovò il suo contatto e gli scrisse una e-mail. L’istinto l’avrebbe portata a riempirla di insulti, ma alla fine decise di essere il più gentile possibile.
“Caro Angelo Lombardo
Mi chiamo Beatrice e sono la protagonista del tuo ultimo video, “puttanella fa vedere le tette per soldi”. Non so se sei il ragazzo che l’ha girato o quello che mi ha dato i soldi, non mi importa neppure. Forse non ci hai pensato quando l’hai caricato, ma quel video mi sta causando un sacco di problemi, anche coi miei compagni di scuola. Potresti rimuoverlo per favore? Mi toglieresti un gran peso dallo stomaco, e in questo momento ne avrei davvero un gran bisogno.
Grazie e arrivederci
Beatrice”
La rilesse ancora una volta, poi la inviò.

Dopo cena, Beatrice riaprì il computer e andò subito a controllare le mail. Sperava di trovarne una dal proprietario del blog, ma quando la schermata si caricò di lui non c’era traccia. In compenso, aveva ricevuto una ventina di messaggi da persone che non conosceva.
“Oh cristo!” pensò Beatrice, mentre scorreva i titoli. Molti erano senza oggetto, ma alcune avevano un titolo fatto di parolacce. Indugiò per un momento, poi aprì con timore la prima mail che le era arrivata, firmata da “Fabrizio M.”, e prese a leggere.
“Ma dai, davvero ora fai la ritrosa? Ma che cazzo, le hai volute mostrare, quelle tette? E adesso tutti le guardano. La tua privacy l’hai buttata nel cesso, non è che ora la puoi andare a ripescare. E di sicuro non puoi pretendere di censurare il buon Angelo, che non ha mai fatto male a una mosca. Quindi stai al tuo posto e non infastidire il prossimo, ok?”
“Ma che diamine sta dicendo questo cretino?” si disse Beatrice, tremando di rabbia. Eliminò la mail, premendo sul tasto del mouse quasi con foga, poi selezionò le altre e fece lo stesso. Subito dopo, tornò sul blog di Angelo Lombardo. Trovò un nuovo post: lo aprì e lesse, incredula.
“La signorina del video dell’altro giorno mi ha mandato una mail per lamentarsi. Mi ha intimato di togliere il video, manco si crede un censore della Corea del Nord. Sai che vi dico? Col cazzo che lo tolgo. Anzi, io la mando al diavolo, e vorrei che fate lo stesso anche voi, cari fan. Una bella shitshorm è quello che ci vuole per raddrizzare questa signorina.” E di seguito erano riportati il suo nome e il suo indirizzo mail.
Beatrice continuò a fissare il trafiletto per un istante che sembrò durare ore, poi chiuse il computer.
“E ora?” si chiese. Si sentiva del tutto svuotata, non aveva nemmeno l’impulso di piangere. Rimase a fissare il vuoto, immersa in un caos di pensieri, finché non scivolò nel sonno seduta ancora alla scrivania.

Nei giorni successivi, Beatrice cercò di stringere i denti e di andare avanti. Continuò a ripetersi “tra qualche settimana nessuno se ne ricorderà”, ma si sbagliava. Nei giorni successivi il volume delle prese in giro, sia dai compagni di scuola che online, aumentò sempre più, fino a raggiungere livelli insostenibili.
A un certo punto, decise di cambiare look, taglio e colore dei capelli, e poi cambiò anche scuola. I nuovi compagni non la riconobbero, ma non riuscì lo stesso a fare amicizia. Era come se qualcosa si fosse rotto in lei e non riuscisse più a fidarsi delle persone.
Le prese in giro virtuali invece non cessarono. Continuarono ad arrivarle mail, e cambiare indirizzi e profili social non serviva a molto: chissà come, i tormentatori riuscivano sempre a trovarla.
L’unica cosa che riusciva a consolarla un po’ era lo sport. Ci si buttò anima e corpo, come mai prima di allora: passava ogni ora libera ad allenarsi, cercando di non pensare. Ma non serviva a molto: alla fine l’angoscia tornava sempre alla carica.

E così si trovava lì, a dieci metri di altezza, immersa in quei cupi pensieri. Ripassò di nuovo i brutti ricordi, uno a uno, e sentì la rabbia montare. Eppure, non era fuori di sé o confusa: era un misto di furia e calma, un’emozione che col tempo aveva imparato a controllare. Che fino ad allora le era sempre stata utile.
“Alla faccia vostra, brutti stronzi!” pensò. Prese un sospiro, tese il corpo, poi saltò nel baratro.

Appena uscì dall’acqua, la prima cosa che Beatrice controllò fu il grande tabellone luminoso appeso in alto, sopra agli spettatori. Per un momento, nulla accadde, poi apparve il suo punteggio.
“Oddio! Non è possibile!” pensò, stupefatta. Si era accorta già in volo di aver eseguito un buon tuffo, ma non di quel livello. I giudici le avevano dato un punteggio stratosferico, che le aveva permesso di superare persino le imbattibili cinesi. E visto che le atlete che dovevano ancora tuffarsi erano già fuori gioco per il podio, poteva significare una cosa sola.
 «Sì! Sì!» esultò Beatrice, alzando i pugni.

Si stava dirigendo verso lo spogliatoio quando due uomini la avvicinarono. Uno di loro era di mezz’età, elegante, con un aspetto curato, l’altro era un giovane che portava sulle spalle una pesante telecamera. Per un momento Beatrice si inquietò, i suoi pensieri tornarono a quella fatidica sera, ma poi l’uomo le sorrise e le pose la mano.
«Vincenzo Marchini, giornalista Rai, molto piacere. Ti va di rispondere a qualche domanda per noi?» si presentò.
«Io… sì, certo!» disse lei, emozionata. Il giornalista la affiancò, diede qualche ordine al cameraman, poi aspettò alcuni secondi, con una mano che calcava l’auricolare nell’orecchio e il microfono nell’altra.
«Sì, studio, ho qui con me Beatrice Granieri.» disse all’improvviso. «Allora, Beatrice, come ci si sente a vincere un campionato mondiale di tuffi?»
«È… wow, è bellissimo! Specie perché davvero non me lo aspettavo.» replicò lei, entusiasta. Il giornalista le fece poi alcune domande tecniche a cui rispose senza quasi pensarci.
«Un’ultima domanda, Beatrice. Vuoi dedicare questa vittoria a qualcuno?» chiese poi Marchini. Per un attimo lei lo fissò, pensierosa. Poteva dedicarla ai suoi genitori, che l’avevano aiutata sia coi problemi online che con i tuffi. Poteva dedicarla a Tommaso, il suo fidanzato da qualche mese, con cui si trovava benissimo. Oppure poteva dedicarla ad Angelo Lombardo – o meglio “Angelo Frigerio”, come avevano scoperto che si chiamava davvero – con tutta l’ironia che aveva ritrovato da qualche tempo. Non si era dimenticata che mentre gareggiava lui era ai domiciliari in attesa del un processo, e magari la vedeva pure in televisione. In un momento, prese una decisione.
«Vorrei dedicare questa vittoria a tutte le persone che sono state vittime di cyber-bullismo come me. E vorrei fare un appello: non lasciate che vi facciano sentire piccoli. Se vi tormentano, le persone piccole e meschine sono loro, non certo voi. Non lasciate che vi abbattano, non buttatevi giù. Fate come me: ho trasformato l’odio che mi hanno rovesciato addosso nella forza per andare avanti, per migliorare, fino a vincere  una gara così importante. Fatelo anche voi, e dimostrate loro che si sbagliano, che siete belle persone, anche se avete fatto qualche stupidaggine.»
Per un momento, il giornalista la fissò con un’espressione perplessa, ma poi sul suo volto apparve un sorriso.
«Un gran bel pensiero. Detto questo, a voi studio» chiuse, poi abbassò il microfono e tornò a rivolgersi a lei.
«Beh, signorina, questa sì che è una sorpresa. Brava e anche così matura e impegnata, nonostante la giovinezza. Davvero complimenti!» disse con allegria, mentre le porgeva di nuovo la mano.
«Grazie mille!» sorrise Beatrice, ricambiando la stretta e trattenendo a stento le lacrime. Era tanto tempo che non si sentiva così felice.

4 commenti:

  1. Il tema secondo me è molto interessante, ma c'è qualcosa che non mi convince. A livello tecnico, solo un "buco" che non spiega nel dettaglio come Beatrice sia arrivata sul trampolino. Quella parte, secondo me, si sarebbe potuta descrivere più nel dettaglio. In secondo luogo, lo stile mi sembra emotivamente piatto. Il punto di vista è interno, è un ricordo: ripetere così spesso il nome del soggetto crea un senso di straniamento, ti fa fare un passo indietro. Il tono è troppo referenziale. Non ci sono guizzi di creatività, non c'è mai un innalzamento del tono. Insomma: è come se tu avessi volutamente tenuto il freno a mano tirato. Come se si trattasse di un documentario, e non di una storia d'attualità. Il racconto scritto per la rubrica di Michele Scarparo era stato più azzeccato, secondo me. Mi era piaciuto un po' di più. :-)

    Per la "lettura energetica" ti ho già accennato qualcosa, ma se ti va continuo via mail... :)

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