venerdì 21 gennaio 2011

Discepoli di uno schermo

Come ho annunciato ieri, ecco qui un racconto nuovo di zecca, anche se non pensavo davvero che già oggi sarebbe stato pronto. E' il mio solito racconto di fantascienza distopica, che parte da un fatto vero - i tanti decerebrati, come il tizio del post di qualche giorno fa, che si sentono invincibili e liberi di ogni cosa solo perché comunicano via internet- e lo sviluppa, creando alla fine una vera e propria tecnocrazia (anche i riferimenti al partito che controlla i media, però, non sono casuali). Secondo me è ottimo, come racconto distopico, e spero quindi che piaccia anche ai miei lettori.

Discepoli di uno schermo

Era un epoca in cui, per necessità come anche per svago, le persone passavano sempre più tempo davanti ad un computer; la rete era sempre più utilizzata per ogni motivo, quindi, dai bisogni primari alle sciocchezze meno importanti, fino al punto che succedeva di servirsene tanto da restare anche un giorno intero davanti allo schermo, senza nemmeno andare a dormire e a lavorare, senza aver nemmeno la più piccola percezione del mondo esterno. Esisteva addirittura chi, per non staccarsi dal monitor, vi rimaneva davanti fino a che una orribile morte, data da un misto di disidratazione e immobilità, lo coglieva; ma chi vi incappava nemmeno se ne accorgeva, oppure preferiva arrivare a farsi del così tanto, pur di non staccarsi da internet. Del resto, ormai la rete aveva il monopolio di ogni cosa: dell’informazione, in primis, essendo l’unico mass media rimasto al mondo, dopo il superamento del giornale, che richiedeva troppe risorse fisiche per essere stampato, e la riduzione della televisione, mezzo troppo poco interattivo, ad un ricettacolo di film di serie B, e che ormai nessuno, se non qualche appassionato, guardava più. Ma non era tutto: anche i beni erano ormai distribuiti quasi esclusivamente per corrispondenza online, e recapitati dal sistema postale robotico, mentre i negozi convenzionali erano ormai un’eccezione alla normalità. In tutto questo si era davvero perso il contatto umano, le persone non si incontravano più tra loro, anche i bambini erano oramai educati dai genitori e dagli insegnanti via videoconferenza; i contati fisici erano a questo punto assenti, nemmeno l’atto della riproduzione, con la fecondazione artificiale veniva più fatto, e non c’era più contatto neanche nell’amore, l’unico tipo di relazione ormai disponibile era quello a distanza, virtuale. Della civiltà del passato erano si state cancellate le guerre, i conflitti, la fame, in quanto tutti potevano godere del benessere dato dalle nuove tecnologie; ma si era così persa l’anima, le emozioni si erano appiattite e la noia era il sentimento più all’ordine del giorno. Paradossalmente, avendo tutto a disposizione, alle persone non interessava più nulla se non stare davanti ad un computer tutto il tempo, non sussisteva più il gusto della scoperta, ne piacere nell’avere una passione, la cultura era ormai rimasta qualcosa per i pochissimi che ancora non accettavano la sudditanza al calcolatore. Ce ne erano ancora, si, ma non era una vita piacevole la loro, dato che si trattava di una minoranza di norma emarginata e perseguitata dalla maggioranza formata dai “tecnologici”, come gli utilizzatori abituali di computer si autodefinivano; ed essi avevano nel loro credo l’odio e la distruzione psicologica di quelli diversi da loro, compito nel quale riuscivano in maniera egregia.

Successe ad un certo punto che un piccolo gruppo di persone, senza particolari qualità intellettuali, ma che in comune avevano solo la furbizia e un considerevole potere economico, si associò intorno all’idea, non rivoluzionaria ma sempre scartata prima di allora per la sua difficoltà di attuazione, di controllare la potenza della rete per arricchirsi e guadagnare il potere a cui molti di essi agognavano. Con la lungimiranza che li caratterizzava, essi si unirono in un partito, che si opponeva alla politica tradizionale, non-tecnologica, vista fino a quel momento, facendosi, almeno pubblicamente, portavoce delle esigenze e dei bisogni nuovi della nuova, grande massa di tecnologici. “Partito Tecnologico Liberale” si nominarono, e iniziarono a proporre tutta una serie di leggi volte al migliore utilizzo della rete e all’ampliamento del pacchetto dei diritti dei tecnologici; ma in segreto, la libertà individuale era l’ultimo dei loro obiettivi, dato che l’unica cosa a cui miravano era di avere una schiera che li seguiva e li riveriva, come un popolo servo di una piccola aristocrazia sovrana. Per fare questo, organizzarono nei dettagli un complicato piano, in due fasi. La prima prevedeva di comprare tutti le fonti di informazioni che erano possibili, a quei tempi controllate, in gran parte, da tecnologici che, fiduciosi, erano lieti di poter aiutare il partito che rappresentava il loro volere. Alcuni altri, che invece non simpatizzavano per il partito, si rifiutarono, cominciando a protestare e a denunciare la situazione di monopolio che il PTL cercava di stabilire, e le cose poco corrette che facevano per raggiungere il potere; ma le loro fondate accuse vennero sempre più ignorate e prese per follie, ed essi stessi vennero imputati di essere non-tecnologici. Alla fine, per disperazione, molti di loro accettarono di vendere le loro testate online, e a quei pochi che resistettero i giornali furono comunque strappati loro con la forza, dal potere economico del PTL che gli consentiva di vincere ogni causa, corrompendo ogni giudice se necessario. Anche i non-tecnologici denunciavano questi fatti, ma nessuno dava loro ascolto: erano considerati dei fanatici, anzi, e per questo venivano ancor più tormentati ed irrisi dai loro avversari tecnologici. La situazione si fece davvero tesa, fino a che, alla fine, la maggior parte di loro smise improvvisamente di fare dichiarazioni, e si dileguò completamente dalla vita pubblica, senza che nessuno sapesse più dove erano finiti; nel mentre i membri del PTL riuscirono a controllare ormai la totalità dei mezzi di informazione in tutto il mondo, e così ogni notizia fu da quel momento sotto il loro diretto controllo, senza possibilità di avere luoghi, nella rete, con informazioni non approvate dal partito, e senza la possibilità di avere opinioni non lodevoli su di esso.

La seconda fase del piano del PTL fu quella più subdola e criminale. Dopo avere portato, grazie ai mass media, praticamente tutta la popolazione mondiale dalla loro parte, i membri del PTL, un giorno stabilito, fecero inviare a tutti i seguaci una mail, contenente dei videoclip pieni di luci e colori particolari, la cui visione poteva ricordare un viaggio acido, od un opera astratta che mutava di continuo; ma questi filmati non erano semplice arte irreale, al contrario erano stati appositamente studiati dagli scienziati al soldo del Partito stesso per penetrare a fondo nel cervello di chi li guardava, annullandone le inibizioni e le resistenze, nonché ogni forma di personalità propria, e facendo di ogni uomo un essere incosciente con un vero e proprio lavaggio del cervello, servo di un padrone: un vero e proprio discepolo dello schermo. Bastava anche una sola visione: chi la subiva diventava subito un discepolo dello schermo, e faceva ogni cosa che esso, ossia chi lo controllava, gli ordinava di fare, senza più porsi nemmeno un dubbio, senza più alcuna facoltà cognitiva o mentale, solo un mero schiavo; e l’unica cosa che egli necessitava, in cambio, era di guardare di nuovo dei video come quelli, necessità che veniva provvista ben volentieri dai computer che li creavano, controllati dai membri del PTL. Quel giorno, la maggior parte della popolazione finì lobotomizzata dai monitor, e diventò succube dei capi del Partito Tecnologico Liberale; e molti altri diventarono schiavi nelle settimane successive, fino a che, in meno di sei mesi, tra la coercizione dei pochi nolenti e il lavaggio del cervello agli indecisi, tutto il mondo fu sotto la dominazione del PTL, definitivamente. Quando ciò avvenne, cominciò la riorganizzazione della società. Si crearono tante città coperte, piccole e razionali, con quel tanto che bastava per vivere, e composte da migliaia di moduli abitativi. Ogni modulo era un monolocale, con una dotazione essenziale di servizi igienici in un angolo e un unico divano al centro, davanti al quale uno schermo enorme trasmetteva i videoclip ipnotici 24 ore su 24; niente cucina, nessuna personalità era più presente negli uomini per dare importanza al gusto del cibo, c’era un tubo che scendeva dal soffitto e se inserito in bocca consentiva di bere acqua sporca e di mangiare un cibo omogeneizzato semi-liquido, prodotto dal cibo che delle macchine raccoglievano e altre macchine preparavano, cuocendolo. Ma non c’era solo questo, nella vita di un discepolo dello schermo: ognuno doveva provvedere anche al pesantissimo lavoro manuale richiesto nelle industrie, che serviva a produrre tutti i beni di lusso che i soli vertici del PTL ormai consumavano; e i turni erano davvero massacranti, duravano addirittura dodici ore.

I membri del partito, gli unici che non avevano subito l’influsso dei monitor, festeggiarono a lungo il successo nel loro piano, che gli aveva consentito di conquistare il mondo, e di poterlo ora tenere in pugno, come padroni onnipotenti di un branco di formiche schiave ed operose. Ma la loro vittoria fu ben piccola, e il fato, con loro, fu come suo solito ironico. Successe così che venne dato l’ordine al popolo di installare ovunque, nei luoghi pubblici, altri schermi per trasmettere i video, in modo da rafforzare ulteriormente il condizionamento e sopportare così meglio il pesante lavoro. Purtroppo per gli oligarchi, però, l’ordine venne eseguito in maniera troppo estesa: ovunque, anche contro la loro volontà, dentro le loro case, vennero installati gli schermi; e così, dal trionfo passarono gradualmente alla sconfitta, e poi alla clandestinità. Ma era inutile, gli schermi erano ovunque, e bastava uno sguardo per non poter più staccare gli occhi fino alla fine del filmato, il che avrebbe distrutto per sempre anche la più piccola traccia di ego proprio. Uno dopo l’altro, i membri del Partito Tecnologico Liberale caddero sotto l’influsso di quel sistema deleterio che loro stessi avevano creato; e nel giro di un lustro, da quel giorno sciagurato in cui erano stati inviati quei video, non esisteva più persona dotata di una seppur minima forma di coscienza. Tutti erano ormai discepoli dello schermo, tutti oramai si dividevano tra un modulo e la fabbrica, in cui producevano auto regali e jet privati, gioielli d’oro e d’argento e altri articoli di lusso ancora, dei quali più nessuno aveva bisogno ne tantomeno desiderio; e così, dopo la produzione, venivano accatastate fuori della città, come tristi monumenti alla decadenza della civiltà

Millenni passarono, e poi milioni di anni, ma nulla cambiava, il controllo degli schermi sui suoi discepoli era fortissimo. Quando uno schermo, o uno dei computer che creava e distribuiva autonomamente i filmati, si guastava c’era sempre il discepolo specializzato che lo aggiustava, senza chiedersi nulla. Nessuno aveva la benché minima possibilità di pensare autonomamente, visto che il cervello non era nemmeno più abituato a ragionare da solo; e anche se lo fosse stato, comunque l’ipnosi degli schermi gliene avrebbe cancellato la volontà. Così, senza più fantasia o emozioni, il mondo andava avanti per inerzia, statico, i figli nati semplicemente dal sesso, senza più alcun tipo di amore, sostituivano i genitori nei lavori senza nemmeno immaginare di potere fare qualcosa di diverso, senza vivere davvero neanche un momento, sopravvivendo tra il lavoro e il poco tempo di svago, che era in pratica riempito solo dalla visione dei video. Fuori dalle città di moduli, autosufficienti e assolutamente isolate dal mondo, sepolte ormai come erano dalle montagne dei beni prodotti, che a nessuno più servivano, la natura proliferò; le piante e gli animali selvatici, senza più nulla a contenerli, invasero le città del passato, a quel punto vuote e semicrollate per mancanza di manutenzione, e in qualche milione di anni nulla, al di fuori dei moduli, poteva far pensare che ci fosse mai stata una civiltà, su quel pianeta. In alcuni milioni di anni, il mondo riprese il suo corso: l’evoluzione ripopolò il pianeta di nuove forme di vita varie e meravigliose, e la natura rinacque, anche se mai più generò una specie intelligente, quasi come fosse cosciente dei danni che essa avrebbe potuto fare a se stessa e al mondo. Ma anche all’interno, ed era impossibile che ciò non avvenisse, il darwinismo biologico era presente: e si produssero così esseri sempre più gobbi e deformi, scarsamente dotati del cervello, che si atrofizzava sempre più, ma fortissimi fisicamente, adatti solo al lavoro manuale che caratterizzava la loro vita. Era logico, la mente non veniva più usata, e di conseguenza nessuna tecnologia poteva essere inventata, nessuna idea partorita, nessuna speculazione messa in essere: il progresso umano si era completamente fermato. Tuttavia, nonostante le ormai ridotte capacità intellettive, gli uomini non erano tornati allo stato animale: erano più simili a delle macchine, dei robot che si muovevano senza alcuno scopo, solo lavorando, e passando il resto del tempo tra il sonno e lo schermo, di cui avevano un bisogno impellente, peggiore della dipendenza dalla più assuefacente delle droghe passate. Ormai non avevano più nessuna materia grigia da distruggere, nessuna coscienza da sopprimere o stordire, ma comunque la necessità degli schermi era entrata loro dentro, nel loro DNA; e così, tutta la loro vita si sprecava tra un lavoro devastante, che li distruggeva negli appena trenta anni di vita media, e la perdizione in un continuo video psichedelico sullo schermo di un computer.

Passarono cinque miliardi di anni senza che nulla cambiasse. Quella pallida e orrenda ombra che restava del genere umano ancora sopravviveva rinchiusa in quelle città come in una prigione, senza alcuna speranza di modificare le cose. Ma qualcosa stava in effetti per cambiare: il Sole aveva finito l’idrogeno che lo alimentava, e stava passando alla fase successiva della sua evoluzione, come del resto doveva essere: lo avevano previsto cinque miliardi di anni prima gli scienziati, uomini liberi prima del dominio degli schermi. Anche se sepolti sotto le decine e decine di chilometri delle montagne di prodotti inutili, accumulatisi in quei milioni di anni al di sopra delle città, mentre il Sole si ingrandiva anche gli uomini non potevano fare a meno di soffrirne l’immenso calore. Così, lentamente, gli abitanti dei moduli cominciarono a morire in modo atroce uno dopo l’altro, uccisi dall’alta temperatura; non soffrivano, ovviamente, non gli importava delle ustioni e della sofferenza che il calore gli causava visto che non erano più dotati di un cervello; ma era comunque uno spettacolo raccapricciante, che fortunatamente nessuno, però, avrebbe mai visto. Poi, dopo poco tempo, anche una Terra ormai deserta fu inglobata all’interno dell’atmosfera di un gigantesco Sole rosso, e tutta la decadenza, tutti i mostruosi abomini che il genere umano aveva causato a se stesso, furono cancellati, come se l’universo stesso avesse, per pietà, dato un colpo di spugna a quell’aberrazione.

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