giovedì 31 maggio 2018

Gli spettatori del piacere perduto

Qualche sera fa, grazie al servizio Prime Video di Amazon (in cui si trova tutta la saga) mi sono ritrovato a guardare I predatori dell'arca perduta, primo film della serie di Indiana Jones. Lo avevo già visto, e non solo una volta: in fondo chi non l'ha mai fatto? Tuttavia, dall'ultima volta erano passati decenni: ero ancora adolescente, e da allora nonostante l'abbiano passato in televisione con costanza (o forse proprio per questo) non mi è venuta mai voglia di recuperarlo. Almeno fino a ora.

Ovviamente, il modo in cui si fruisce di un'opera cambia col passare degli anni: da giovani non si può avere lo stesso spirito critico che si acquisisce col tempo e l'età. Così, mentre l'ultima volta che l'ho visto ho (probabilmente) pensato che I predatori dell'arca perduta fosse un film divertente e basta, con quest'ultima visione sono divenuto consapevole dei suoi difetti. E sì, I predatori dell'arca perduta ne ha diversi

lunedì 28 maggio 2018

30

Può sembrare una stupidaggine, ma in realtà sono serio: decidere se pubblicare o meno questo post non è stata una decisione immediata, presa a cuor leggero. Mentre scrivo, in effetti, ho ancora in mente l'analogo post di compleanno dell'anno scorso: quello in cui mi aspettavo, come negli anni precedenti, una valanga di auguri, e che invece commentarono solo in due. E ricordo bene come mi sentii male all'epoca.

Tuttavia, in questi 365 giorni tantissime cose sono cambiate, in primis la mia mentalità. Così, guardando indietro ho capito per esempio l'anno scorso era domenica: per questo, forse quel post non è nemmeno stato visto, non è che nessuno lo ha voluto commentare. Ma soprattutto, ho capito che la mia reazione così negativa era dovuta al periodo orribile che vivevo, in cui andava tutto storto e in cui vedevo tutto nero.

venerdì 25 maggio 2018

Pelle e metallo

Oggi pomeriggio, un post fuori dalla solita programmazione e dal solito orario di Hand of Doom. Giusto per una breve segnalazione: se te lo sei perso, il mio guest post "Pelle e Metallo" è apparso stamattina sul blog del buon The Obsidian Mirror, nell'ambito del suo speciale tematico del mese The Pleasure of Pain - di cui ti avevo già parlato in precedenza.

L'argomento del post? Quello che conosco meglio, ovviamente: l'heavy metal! Ma in questo caso, non parlo della musica in sé, quanto di una questione culturale che va a scavare nella storia profonda del genere - e che a mio avviso può interessare anche chi non è molto avvezzo a questo stile musicale. Mi sbaglio? Leggilo pure e poi dimmi la tua!

giovedì 24 maggio 2018

La cultura del non rispetto

Non ne ho mai parlato qui su Hand of Doom (se non di striscio), ma quella per la Formula Uno è una passione che coltivo ormai da decenni. Forse il primo sport che ho seguito davvero, grazie a mio padre, è anche il primo di cui ho dei veri ricordi: lo seguo in pratica dai tempi delle prime vittorie di Schumacher con la Ferrari. E, ormai da moltissimi anni, è lo sport che amo di più, e quello per cui faccio il tifo più appassionato.

Tuttavia, negli ultimi tempi seguire la Formula Uno è diventato faticoso e irritante, almeno per il pubblico italiano. Se già negli scorsi anni era un fastidio evitare gli spoiler dei gran premi prima della differita Rai - mentre in diretta li mostravano solo su Sky - quest'anno la situazione è ulteriormente peggiorata. Ora, se non hai la possibilità economica di pagare un abbonamento, la Formula Uno è diventata quasi inguardabile.

giovedì 17 maggio 2018

"Anni senza fine" e la malinconia

Cos'è più importante, per scrivere un grande romanzo? C'è chi direbbe, senza dubbio, la giusta tecnica letteraria, e io non mi sento di dargli tutti i torti: credo anzi che una bella infarinatura teorica sia necessarie per uno scrittore, specie se odierno. Tuttavia, la tecnica non è tutto: esistono libri scritti alla perfezione che però non ti lasciano dentro nulla. E altri che invece dal punto della forma sono un po' claudicanti, ma riescono a emozionarti. E, per quanto mi riguarda, proprio la capacità di emozionare il fattore fondamentale per creare un capolavoro.

È proprio questa che rende grande, per esempio, Anni senza fine di Clifford D. Simak. Conosciuto in Italia anche col titolo originale, City (ma devo dire che per una volta lo stravolgimento nostrano funziona alla grande per quello che è il libro), è una raccolta di racconti che narrano però tutti la stessa storia. Sono stati scritti in gran parte tra il 1944 e il 1951 e pubblicati tutti insieme nel 1952  (mentre l'epilogo della nuova versione risale al 1973), e si vede: lo stile dell'autore è datato in maniera visibile. Ma questo non inficia per nulla l'esperienza emotiva del romanzo, che resta grandiosa e va ben oltre la classica fantascienza - specie quella del periodo.

martedì 15 maggio 2018

Disoccupazione e felicità

Disoccupazione: una condizione che nella stragrande maggioranza dei casi viene percepita come negativa. Il disoccupato è spesso immaginato come una persona triste, costantemente angosciata, al limite della dignità umana. È un condizionamento così forte che spesso diventa davvero reale: la disoccupazione allora viene vissuta con sensi di colpa, ci si sente inutili o persino fannulloni. Ma essere senza lavoro deve per forza essere deleterio?

Personalmente, direi proprio di no. E sai perché? Perché da alcuni giorni, anche io vivo questa condizione, almeno di fatto. In teoria, sarei ancora proprietario della gelateria, ma al momento è chiusa e sto cercando un compratore, per poter così trovare i soldi per ripianare i vari debiti. Forse è una situazione ancor più difficile della disoccupazione: ma anche così, io non la soffro granché e riesco a stare bene con me stesso.

martedì 8 maggio 2018

Come scrivere un romanzo in 4 mesi (o meno)

Primo maggio scorso, ore 16:36: è stato il momento esatto in cui ho terminato il romanzo di cui ho parlato un paio di settimane fa. Ci ho messo una decina di giorni in più rispetto a quanto preventivato, anche a causa di impegni e di problemi vari, ma alla fine ce l'ho fatta. E avendo cominciato la sua stesura a metà dicembre, questo significa che il tempo totale di scrittura è stato di circa quattro mesi e mezzo.

Insomma, sono stato velocissimo, sia rispetto alla media degli altri scrittori che leggo in giro, sia per quanto riguarda me stesso - prima di questo, altri me li sono portati dietro per anni e poi non sono nemmeno riuscito a finirli. E il bello è che non è stato nemmeno faticoso: col mio nuovo metodo, so che in futuro potrei scrivere ancor più spedito, e terminare i miei progetti in meno tempo. A questo punto, sono sicuro che smani per sapere: sì, ma come hai fatto? Qual è il tuo segreto? Come ti avevo promesso nel suddetto post, eccomi qui per spiegarti tutto!

giovedì 3 maggio 2018

Una luce nel buio

Era un bel po' di tempo che non postavo un racconto qui sul blog: per la precisione, sono sette mesi esatti, visto che l'ultimo "Ucronia improbabile" vedeva la luce proprio il 3 ottobre dello scorso anno. Nel frattempo, mi sono successe tantissime cose, specie a livello personale - come sai se non leggi Hand of Doom da ieri. E così, ho cambiato mentalità anche sui racconti: analizzando la situazione in maniera razionale, sono arrivato a concludere che abbia poco senso postarli su un blog, visto che nella maggior parte dei casi i lettori non hanno il tempo e la voglia per leggerli.

In apparenza però questo non vale però per quelli brevissimi, di poche centinaia di parole: se sono brevi e fulminanti, sembrano adatti per questa epoca che fa della velocità e della frenesia la propria bandiera. Ed è così che, dopo qualche titubanza, ho deciso di tornare a postarne uno, proprio breve e sferzante.

martedì 1 maggio 2018

Fare blogging è lavorare?

Forse sarà capitato anche a te di assistere a una scena simile, dal vivo, online o magari in qualche film. Una scena in cui il simpaticone di turno, dopo aver chiesto "che lavoro fai?" ed essersi sentito rispondere "il blogger", replica con "e di lavoro vero?", oppure invita il malcapitato a trovarsi un'occupazione più seria. Una situazione abbastanza classica e scontata, direi.

Di fatto, nel sentire comune, gestire il blog non viene considerato un lavoro vero e proprio. Nel migliore dei casi, viene visto come un hobby - nel peggiore invece come una perdita di tempo inutile e senza senso. Ma è proprio questa la verità? Fare blogging non può essere considerato davvero un lavoro? Concorderai con me che non c'è giorno migliore della festa dei lavoratori per chiederselo!.